Copertino

Storia ultramillenaria

Copertino, città di origine bizantina, sorse intorno agli anni 560 e 615 d.C. con il nome di "Cittadella", poi cambiato in Conventino, Cupertino e infine Copertino. 

La storia di Copertino passa attraverso la dominazione bizantina e le dinastie normanno-svevo-angioine che si succedettero negli anni. 
Tra la fine del Quattrocento e la prima metà del Cinquecento Copertino era divenuto un interessante polo commerciale grazie soprattutto alle infinite distese di uliveti i cui frutti erano macinati in numerosi frantoi ipogei, per poi essere trasportato nel vicino porto di Gallipoli e spedito nei paesi nordici. Questo benessere economico, derivante dalla commercializzazione dell’olio lampante, unica fonte energetica del tempo, favorì l'accentramento della popolazione e quindi un lento ma progressivo incremento demografico.

A Copertino sono oggi visibili alcuni monumenti di notevole pregio storico-artistico e religioso, tra cui: la chiesa Matrice di Santa Maria ad Nives e la Torre Campanaria, il Santuario della Grottella, la chiesetta di San Giuseppe da Copertino, oltre a Chiesa e monastero di Santa Chiara, Chiesa e convento dei Domenicani, Resti del convento di San Francesco, Chiesa di Santa Maria di Casole, Cappella di Santa Maria delle Grazie, Cripta di San Michele Arcangelo. 
Imponente inoltre è il Castello di Copertino, situato nel centro cittadino, con le Porte della città vecchia: Porta di San Giuseppe e Porta del Malassiso.

Tra le varie manifestazioni religiose, molto sentita è la Pasqua, con la rappresentazione teatrale della “Passione Vivente” a cura dal Comitato cittadino Passione vivente di Torre Santa Susanna.

Oltre cento attori, non professionisti, che si alternano nelle vesti dei personaggi storici della vita e passione di Gesù, che in questo caso è stato interpretato dall’attore Giorgio Cantarini, protagonista, da bambino, de La vita è bella di Roberto Benigni.


La chiesa Matrice di Santa Maria ad Nives
La costruzione fu iniziata da Goffredo il Normanno nel 1088 e terminata nel 1235 da Manfredi di Svevia il quale la dotò di numerosi privilegi elevandola a Basilica con il titolo di Vergine delle Nevi. 

La struttura che oggi si vede è la sintesi di diversi rifacimenti avvenuti nel corso dei secoli. Tra i più importanti il pentagonale vano absidale, realizzato nel 1576 dal clan del mastro neritino Francesco Maria Tarantino.

Di notevole eccezionalità linguistica tutta neretina è la cinquecentesca torre campanaria addossata al presbiterio e terminata nel 1597 dallo stesso Tarantino. La redazione cinquecentesca della chiesa fu affidata l’8 febbraio 1569 al clan di marco Antonio Renzo di Lecce.

La chiesa Matrice vanta un archivio storico plurisecolare ed è particolarmente dotata di opere d’arte. Vi si possono ammirare la cinquecentesca "Deposizione" dello Strafella e altre tele dello stesso artista.
Una grande tela raffigurante la "Regina Martirum" di fra Angelo da Copertino, un bellissimo altare barocco del ‘600 realizzato da Antonio Donato Chiarello che contiene il pregevole affresco quattrocentesco raffigurante la Vergine delle Nevi. Numerosi dipinti del ‘700, tra cui quello del Guasais, del Lillo e di altri artisti di scuola napoletana.

La Torre Campanaria
Costituisce una parte di un ambizioso piano d’intervento a favore della chiesa Matrice voluto dal clero e dall’Universitas e durato circa vent’anni. Il primo documento che attesta la costruzione di questa torre risale al 1588. 

Alta 35 metri, la torre ha base quadrata ed è suddivisa in due ordini: il primo caratterizzato dalla semplicità volumetrica, il secondo da una forte incidenza scultorea.
E’ costituita da poderosi setti murari interamente realizzata con conci in calcarenite.
L’edificio è definito all’interno da tre camere. Al primo livello con pianta a croce, con copertura archivoltata, si accede dal transetto della chiesa.
Da qui si imposta un sistema di scale che mettono in comunicazione i tre ambienti. Il primo tratto è costituito da due rampe: una allogata nella parete sud della torre l’altra in un setto dell’abside. Dalla seconda camera si passa alla terza e da questa alla copertura summitale, che risulta accessibile attraverso un varco nella volta a mezzo di una scala di ferro di recente realizzazione.

Sulle facciate sono disposte in maniera simmetrica quattro colonne i cui fusti sono per metà incassati e poggianti su piedistalli cerchiati all’altezza della rastremazione. Esse impostano, con capitelli antropomorfi in pietra leccese, un architrave con fregi a motivi floreali e simbolici che culminano con un composito cornicione di coronamento. 


Castello di Copertino
Sorto in epoca normanna-sveva, venne ampliato e ingentilito dagli Angioini. Si presume che tra queste mure nacque Isabella Chiaromonte, figlia di Tristano e Caterina Orsini del Balzo, che divenne regina di Napoli.

L'imponente struttura militare che appare ai nostri occhi fu realizzata nel 1540 secondo i canoni architettonico-militari imposti dalla scoperta della polvere da sparo. Il progetto è opera dell'architetto militare Evangelista Menga che lo eseguì per volere di Alsonso Castriota, giusto quanto si legge lungo la cortina est:

DON ALFONSUS CASTRIOTA MARCHIO ATRIPALDAE / DUX PRAEFECTUSQUE CAESARIS ILLUSTRIUM DON ANTONII GRANAI CASTRIOTAE ET MARIAE CASTRIOTAE CONIUNGUM (sic!) DUCUM FERRANDINAE ET COMITUM CUPERTINI PATER PATRUUS ET SOCER ARCEM HANC AD DEI OPTIMI MAXIMI HONOREM CAROLI V RE / GIS ET IMPERATORIS SEMPER AUGUSTI STATUM ANNO DOMINI MDXL.

Lungo tutto il perimetro esterno si osservano novanta feritoie le cui cavità permettevano un facile movimento dei cannoni. Queste sono distribuite su tre ordini separati da un cordone marcapiano. 
Un fossato scavato nella roccia a scopo difensivo ne completa l’aspetto fortilizio.

Il castello fu anche dimora signorile: lo testimonia il balcone rinascimentale con balaustra traforata, nonché il sontuoso portale chiaramente esemplificato sul modello napoletano di Castelnuovo. 

Il portale, cui recentemente è stata data un'esemplare decodificazione iconografica, è attribuito allo scultore neretino Francesco Bellotto su probabile disegno di Evangelista Menga.

Le sue decorazioni, realizzate in calcarenite locale, risultano integrate successivamente con stucchi per proteggerle dai venti che nei secoli hanno esercitato un’azione polverizzante.
Essendo tipicamente celebrativo, su di esso sono state immortalate le dinastie di re e regine, ma anche dei feudatari che si sono succeduti a Copertino. Di tipo trionfalistico sono invece le armature scolpite, i vessilli, i cannoni concentrati nel grande lunettone.

Elementi ornamentali sono pure il diffuso fogliame, le modanature tortili, le colonne scanalate ed il diffuso carattere favolistico di cui restano alcune tracce sul lato sinistro di chi guarda. Difatti, in alto, subito dopo la colonna si può osservare Alessandro Magno che viene trasportato da un carro a sua volta spinto dal soffio di due grifoni.
Dall’esterno si scorge anche il maschio a base scarpata realizzato nel XIII secolo. Nel 1407, in occasione delle nozze tra Ladislao di Durazzo e Maria D’Enghien, sul lato est fu incastonata l’arma delle due case.

Attraversando il portale d'ingresso ci si trova davanti a quello angioino-durazzesco, ovvero l’originale varco d'ingresso al maniero.
Da qui si può accedere per ammirare la cappella di S. Marco voluta dagli Squarciafico e affrescata nel 1580 da Gianserio Strafella; al suo interno vi troveremo i due sarcofaghi cinquecenteschi realizzati da Lupo Antonio Russo, che contennero le spoglie di Uberto e Stefano Squarciafico, padre e figlio.

Dal suggestivo atrio interno si ha una completa veduta del maschio angioino. Se si prosegue lungo lo scalone rinascimentale che conduce al piano nobile si potrà ammirare la quattrocentesca cappella gentilizia intitolata a S. Maria Maddalena. Il porticato, fatto costruire nel ‘600 dai Pignatelli, conferisce alla struttura un delicato movimento architettonico che interrompe piacevolmente la rigida geometria delle linee. 


Santuario della Grottella

Intorno alla metà del XVI secolo, in una grotta a qualche chilometro dal centro abitato, fu rinvenuta tra i cespugli, l'icona di una Madonna bizantina. Nel 1577, mons. Cesare Bovio fece edificare l'attuale chiesa a unica navata con tre altari per lato. Sull'altare centrale, realizzato da Antonio Donato Chiarello, nel '600 fu incastonato l'affresco ritrovato della Vergine.

Per interessamento del francescano copertinese p. Giovanni Donato Caputo, nel 1613 i francescani entrarono in possesso della Grottella e nel 1618 dettero inizio alla fabbricazione di un convento, che aggregarono a quello di San Francesco intra moenia. Tra i manovali vi era un quindicenne candidato alla santità, Giuseppe Maria Desa.

Il convento fu oggetto della soppressione innocenziana nel 1652, ma un trentennio dopo fu riaperto e ingrandito.

Nel 1753 fu dotato della prima statua in cartapesta raffigurante San Giuseppe da Copertino e vennero costruiti eleganti altari barocchi ; sulle pareti della chiesa e del chiostro anonimi frati realizzarono interessanti opere a fresco. Inoltre, sul lato destro della chiesa fu realizzato un cappellone il cui altare è dedicato al Santo e contiene la prima cassa il cui furono deposte le sue membra.

Il convento, soppresso per la seconda volta nel 1862, fu riaperto nel 1954 e sottoposto a una lenta, ma graduale opera di restauro. Nella chiesa, a un'unica navata coperta a volta, si possono ammirare interessanti opere d'arte tra cui una tela seicentesca raffigurante S. Antonio da Padova di Antonio Donato D'Orlando e pregevoli statue in pietra leccese.


San Giuseppe da Copertino
Siamo nel Seicento, dunque, e Copertino vive i fasti della storia con i prodigi del suo figlio maggiore: fra Giuseppe Desa da Copertino. Un francescano dai miracolosi prodigi che, dopo il transito terreno, la Chiesa elevò agli onori degli altari. 
Il 17 giugno 1603, in una stalla a ridosso delle mura del paese, dove Franceschina Panaca si era rifugiata per sottrarsi alle persecuzioni dei creditori del marito Felice Desa, nacque Giuseppe Maria. La struttura, le cui pareti verticali erano realizzati da conci informi, aveva il tetto a capanna coperto con canne e tegole e al suo interno conteneva un camino, oltre a due vani di accesso. In un angolo, a sinistra entrando dal vano principale, Franceschina partorì Giuseppe Maria, ultimo di sei figli, che fu battezzato da don Delfino Fulino nella chiesa Matrice. La sua fu un’infanzia segnata dagli stenti e dalla malattia. Giovanissimo, infatti, il suo corpò subì l’invasione di piaghe purulenti e della scabbia.
Più volte quel corpo fu portato tra le braccia di mamma Franceschina nella chiesa del convento di S. Francesco sperando in un miracolo. Ed effettivamente la sua guarigione avvenne grazie all’intervento di un monaco cappuccino di Galatone. Ripresosi dalla convalescenza, i genitori cominciarono ad occuparsi della sua educazione e lo affidarono allo zio francescano, padre Franceschino Desa, il quale lo tenne con sé come fratello laico all’epoca in cui si costruiva il convento della Grottella.
Ma Giuseppe, che palesava essere un mezzo incitrullito, fu rimandato a casa. I coetanei, quelli più aspri e pungenti, non mancarono di affibiargli il soprannome di "Pippi boccaperta" per averlo sorpreso più volte con la bocca semichiusa e le braccia aperte in forma di croce dinanzi alle immagini sacre della chiesa di San Francesco. In realtà, questo era il preludio delle sue mistiche ascensioni.
Più tardi si rivolse ai Riformati di Casole, ma nemmeno questi vollero saperne della sua vocazione. Non rimanevano che i Cappuccini, dove fu accettato in qualità di fratello laico. Stette prima a Copertino e poi a Martina Franca, dove fu mandato per l'anno di noviziato. Qui vestì il saio e lo chiamarono fra Stefano. Era il 1620. Un giorno, però, il maestro di noviziato lo chiamò per dirli di tornare al mondo perché non era vocato per quell'Ordine in quanto cagionevole di salute, sempre distratto al punto da apparire un po’ demente. Amareggiato, deluso, scalzo e seminudo partì da Martina Franca per raggiungere la sua Copertino.
Raggiunta la casa paterna subì i rimproveri dei genitori e, in seguito a questi, scappò per rifugiarsi nuovamente nella chiesa della Grottella. Dinanzi all'immagine della Vergine pianse amaramente e pregò a lungo invocando l'aiuto della Madonna. Grazie all'amore di qualche frate, gli fu trovato un giaciglio in un sottoscala dove, nascostamente, alcuni frati gli portavano da mangiare. Di notte usciva per recarsi dinanzi all'immagine della Vergine per piangere e flagellarsi.
Il 1625 Giuseppe fu accettato come chierico e affiliato al convento della Grottella sotto la responsabilità dello zio, padre Donato Caputo. Alla Grottella fece il suo anno di noviziato e nel 1627 emise la professione religiosa. Il 30 gennaio di quell'anno mons. Girolamo De Franchis, vescovo di Nardò, gli conferì la tonsura e gli Ordini Minori. Il 27 febbraio, senza esami, fu ordinato suddiacono. Il 20 marzo passò al diaconato dopo aver tenuto un esame che sbalordì tutti. Per un anno si preparò all'ordinazione sacerdotale che di fa fatto avvenne nella parrocchiale di Poggiardo per mano del vescovo di Castro, mons. Giovanni Deti. Era il 18 marzo 1628.
La sua povertà, ma soprattutto la fama dell'indiscutibile carica umanitaria, la sua eccezionale fede religiosa e i suoi prodigi superarono i confini cittadini e quelli provinciali. La sua prima levitazione è documentata il 4 ottobre 1630 al rientro in chiesa della processione di San Francesco. Giuseppe, infatti, si sollevò da terra fino all'altezza del pulpito, immobile sotto gli occhi di una folla in delirio. Da allora la sua vita cambiò. Le estasi divennero sempre più frequenti. Bastava un ragionamento su Maria o su Gesù perché restasse inerte o cadesse a terra come un cadavere. Anche gli episodi di sollevamento da terra durante la celebrazione della messa divennero frequenti.

Dove mangiare

RISTORANTE - PIZZERIA LA RUOTA

via Corsica 27 -73043 Copertino
tel. 0832 935183 - 3396756650 

Cucina Tipica Casereccia. 

Il bravissimo ristoratore Tondo e la sua mamma Olga, che fa miracoli in cucina, offrono piatti di qualità ma soprattutto si rimarrà affascinati dalla loro accoglienza e la loro disponibilità.

E se volete gustare le ricette tipiche di pesce, ecco cosa vi risponderà Elio Tondo: voglio che andiate via con il sapore e il profumo del mare del Salento, e vi servirà i piatti tradizionali della cucina locale: tajeddha di riso, patate e cozze, spaghetti con cannolicchi, ! Cucina della tradizione al Top!


VIVAIO MELOGRANO 
CAIRO DOUTHER  - C.da Vigna Grande - Loc. Seminaristi 73043 Copertino (Le)
Titolare Uzi Cairo tel. +39 0832 937139 - cell +39 328 9863911
e-mail: aziendaciaoross@pec.it  - cairodoutcher@gmail.com
www.cairodoutcher.com

Nel 1984 Uzi Cairo, nato in Israele, arriva a Copertino, paese d’origine di suo padre Antonio Cairo in provincia di Lecce, e scopre la bellezza di una terra soleggiata e dal clima mite, ma che risentiva di un crescente esodo di forza lavoro dal settore agricolo. Decide, quindi, di trasferirsi nel Salento, con l’intenzione di apportare il suo contributo all’economia agricola locale.
Nasce così l’azienda agricola Cairo & Doutcher.

Dopo anni di lavoro, ricerca e sperimentazione su nuove tecniche di radicazione, nel 1996 Cairo & Doutcher riesce a conquistare il mercato italiano diventando leader per la produzione di Gypsophila (comunemente chiamata “nebbiolina”) con una varietà della pianta dal nome Million Stars.
Da sempre all’interno di questa realtà si riscontra l’importanza di unire i saperi della tradizione con lo sviluppo tecnologico, seguire con attenzione le novità introdotte dalla tecnologia nel settore agricolo e florovivaistico e l’impegno costante nella ricerca di nuove tecniche di coltivazione.
Guardando al futuro, molti sforzi sono stati concentrati sulla coltivazione e sulla produzione di melograni nel Salento ed in tutta Italia, supportati dai numerosi campi di applicazione della pianta e dei suoi frutti, dalle proprietà altamente benefiche e salutari (alimentazione, medicina, erboristeria, estetica), dando vita ad una nuova realtà aziendale: la Società Agricola Cairo Doutcher Melograno s.r.l.

Oltre alle due varietà di melograno dalle qualità organolettiche uniche al mondo, Wonderful One™ e Ako, la società sta lanciando sul mercato altre varietà come Emek® e Shani®, con diritto di brevetto, con l’obiettivo di riuscire a garantire la produzione di melagrane (frutto tipicamente stagionale) per quasi dieci mesi l’anno con l’aiuto di specifiche tecniche di conservazione, e sta studiando le varietà di Mango ed Avocado più adatte per il nostro clima e di Goji Berry, dal gusto dolce e succoso.

 


 

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