Aosta

Aosta, capitale delle Alpi

Placidamente adagiata al centro di un’ampia conca alpina, attorniata dalle cime del Monte Emilius (3559 m.), della Becca di Viou (2856 m.) e della Becca di Nona (3142 m.), Aosta sorge a 583 m. di altitudine, alla confluenza della Dora Baltea con il torrente Buthier.

Città monumentale e artistica, dal fascino antico e ricca di tradizioni, si trova completamente immersa nel verde, durante l’estate, mentre in inverno questa piccola capitale delle Alpi è illuminata dal riverbero di un abbondante manto nevoso, che la rende particolarmente seducente e raccolta.

Ma non certo isolata: Aosta, infatti, vede convergere su di sé le Valli di Cogne e del Gran San Bernardo, insieme alle importanti vie di comunicazione del Piccolo e del Gran San Bernardo, che portano in Francia e in Svizzera. Importante nodo strategico, dunque, di cui già i Romani si erano accorti, quando nel 25 a.C. la fondarono, con il nome di Augusta Praetoria, sino a farla crescere in importanza e floridezza e farla divenire la “Roma delle Alpi”. Eccezionali, in proposito, sono le vestigia romane ancora oggi presenti ad Aosta (a partire dallo stesso impianto urbanistico) e negli altri centri della provincia: antichi ponti in pietra, acquedotti e strade consolari lasciano immaginare l’importanza che ebbe questa zona come via di transito dalla Gallia all’Alta Valle Padana e per raggiungere, in epoca carolingia,Acquisgrana, capitale del Sacro Romano Impero.

L’ingresso orientale di Aosta è solennemente annunciato dall’Arco di Augusto, edificato nello stesso anno di fondazione della città per celebrare la vittoria delle truppe romane del console Terenzio Varrone Murena sulle fiere tribù locali dei Salassi e quale omaggio all’Imperatore Augusto. Perfettamente allineato sull’asse fra il ponte romano e la Porta Pretoria, aperta nel lato est della cinta muraria, l’Arco di Augusto è costruito in blocchi di puddinga e presenta una mescolanza di stili dorico e corinzio e benché rimaneggiato nei secoli seguenti, costituisce il simbolo della città di Aosta.  Oltrepassato l’Arco, il centro storico si apre attraverso la breccia nelle mura costituita dalla maestosa Porta Pretoria, mirabilmente conservata (ha perso solo il rivestimento marmoreo) e formata da una doppia cortina muraria parallela di blocchi di puddinga, aperta in basso da tre arcate. Costituisce la più grande porta giunta a noi dall’ epoca romana ed è affiancata, sul lato settentrionale della cortina interna, dalla torre romanica a pianta quadrata, massiccia e ben conservata, dimora nel XII secolo dei Signori di Quart e luogo della riscossione del pedaggio, per il vescovo di Aosta, delle merci introdotte in città.

Poco distante dall’ingresso di Porta Pretoria, un intero isolato era occupato dalla grandiosa struttura del Teatro, di cui oggi rimane parte della facciata principale (alta 22 m.), della cavea, della scena e dei corpi laterali porticati. L’alta facciata mostra, in basso, una sequenza di arcate sovrastate da tre ordini di finestre di ampiezza diversa, mentre particolarmente caratteristica è la cavea, che conserva parte delle gradinate originarie ed è inserita in una struttura rettangolare, che facilitava la copertura stabile dello spazio riservato al pubblico: si trattava, infatti, di un Theatrum tectum, un teatro coperto come quello rinvenuto a Pompei.
Anche l’area del Foro Romano, luogo di accentramento della vita pubblica, religiosa ed economica della città, occupava una vasta superficie ed aveva una forma rettangolare ed allungata, di cui oggi rimangono scarse tracce. Il settore settentrionale è comunque visitabile, poiché l’area sacra è rimasta parzialmente sgombra. Da qui si scende nel grandioso e spettacolare criptoportico, una galleria a due navate sviluppata su tre lati, con possenti pilastri di tufo che sorreggono le robuste arcate su cui poggiano le volte. Si è ipotizzato che tale luogo fosse destinato al fresco passeggio estivo oppure al deposito di grano.

Sul lato orientale del Foro è venuta alla luce la zona delle Terme, con un grandioso complesso risalente alla prima metà del I sec. d.C. e successivamente trasformato.
Altre vestigia romane si trovano nell’angolo nord-orientale della città murata, riservato all’Anfiteatro. Costruito in età claudia (metà del I sec. d.C.) in bugnato rustico, presentava 60 arcate per ciascuno dei due piani e poteva accogliere 20.000 spettatori, il doppio degli abitanti della città. Oggi si possono osservare solo otto arcate superstiti, incorporate in un edificio appartenente al convento delle suore di San Giuseppe.
Tra le testimonianze meglio conservate dell’epoca romana è invece la Torre del Pailleron, lungo la parte meridionale delle mura; a pianta quadrata, è aperta su ciascuno dei lati da sei grandi finestre, tre per ogni piano.
Con la decadenza dell’Impero Romano, Aosta dovette subire numerose invasioni straniere, da parte dei Burgundi, degli Ostrogoti, dei Bizantini, dei Franchi, per appartenere poi al Re di Borgogna e infine a Casa Savoia. Nonostante ciò, la città conserva superbi esempi di architettura ed arte religiosa medievali, tra i quali spiccano due eccezionali complessi monumentali: Sant’Orso e la Cattedrale.
Quello di Sant’Orso è il monumento religioso medievale più insigne della Valle d’Aosta ed uno fra i più noti in Italia e in Europa. La sua costruzione iniziò in forme romaniche all’epoca dell’episcopato del vescovo Anselmo (994-1026), per proseguire con aggiunte in stile gotico tra il 1494 e il 1504: comprende la Collegiata dei Santi Pietro e Orso, con le belle volte a crociera della navata centrale e i rari affreschi ottoniani del sottotetto; il campanile, isolato dalla chiesa e svettante sulla città dall’alto dei suoi 46 m., formato nella parte inferiore da grandi blocchi squadrati provenienti dalle mura e da edifici romani; 12 colonne provenienti dai monumenti romani di Aosta ed una pietra miliare della strada delle Gallie sono serviti alla costruzione della cripta sottostante il coro; il Chiostro, gioiello di Sant’Orso, si dice sia l’angolo più suggestivo e raccolto della Valle, con l’infinito numero di colonne sormontate da mirabili capitelli scolpiti in marmo, considerati fra le più alte espressioni della scultura romanica religiosa.

Risalente allo stesso periodo della costruzione di Sant’Orso, anche la Cattedrale ha subito aggiunte e rimaneggiamenti nei periodi successivi, come il piccolo chiostro di epoca rinascimentale e l’ottocentesca facciata neoclassica. Lo storico Hans Peter Autenrieth ha recentemente scoperto, nel sottotetto della Cattedrale, un importantissimo ciclo di affreschi ottoniani, analogo e contemporaneo a quello già noto a Sant’Orso. Dedicata all’Assunta, con pianta a tre navate, ha nel coro l’aspetto artistico più importante: in legno intagliato e scolpito, con gli stalli completi di baldacchini, alcuni dei quali policromi, poggia su un pavimento a mosaico di grandissimo pregio. Notevole, nell’abside, il sepolcro marmoreo del conte Tommaso II di Savoia, risalente al 1430-1435, mentre altre sculture, icone lignee, reliquari ed oreficerie sono conservati nel museo del Tesoro della Cattedrale, con alcuni pezzi d’eccezione come il dittico consolare in avorio di Onorio (406 d.C.) e la grande cassa reliquaria di San Grato (XV sec.).
Percorrendo in tutta tranquillità le strade di Aosta, sono ancora numerose le cose da vedere, come le torri medievali, le chiese rinascimentali, il grande palazzo porticato neoclassico del Municipio, il Museo Archeologico Regionale e l’area megalitica di Saint-Martin de Corléans, la scoperta archeologica più sensazionale effettuata in Valle d’Aosta, avvenuta nel 1969 e consistente in un sito risalente al 3000 a.C., con dolmen, stele antropomorfe e grandi pozzi rituali: una località importante per le manifestazioni di culto e sepoltura.

I PIACERI DELLA TAVOLA VALDOSTANA
Regione dalla forte tradizione contadina, la Valle d’Aosta ha conservato attraverso i secoli  tesori artigiani come le lavorazioni in legno intagliato e le splendide manifatture dei merletti, allo stesso modo di una cucina semplice e rustica, inalterata dal trascorrere del tempo, con specialità che sono le stesse del passato.
Regina incontrastata della tavola valdostana è la Fontina, il famoso e gustosissimo formaggio a denominazione d’origine protetta, affiancato dalla produzione di altri innumerevoli formaggi, di tome morbide e saporite, come il Valle d’Aosta Fromadzo, anch’esso blasonato dal riconoscimento Dop. Da gustare con polenta fumante sono anche i caratteristici salumi, quali il Jambon de Bosses e il Lardo di Arnad, oppure le carni, che nello stambecco, camoscio e selvaggina “al civet”, preparate in stufati dopo una lunga marinatura o conservate sotto sale (“motseta”), vedono palesata la maestria culinaria valdostana.
Piatti tipici, questa volta di carne bovina, sono la “carbonnade” e la cotoletta alla valdostana, mentre i brodi di carne sono la base per deliziose zuppe, come la “Soupe à la Valpellinentze” e la “Soupe à la Cogneintze”.
Il tipico pane di segale, sotto forma di crostini integrali accompagna anche alcuni dolci, come il “fiandolein” e il “brochat”, per chiudere con il forte, nero e bollente caffè alla valdostana, servito nella grolla di legno e accompagnato dal genepy, il tipico liquore d’erbe della Valle.
A piatti sostanziosi come questi si affiancano vini generosi, come il Donnas, l’Enfer d’Avier, il Torrette e il Gamay tra i rossi, mentre tra i bianchi spiccano il Blanc de Morgex et la Salle e l’aromatico Chambave Muscat, frutto di una tradizione vinicola che ha saputo rendere l’altitudine un proprio punto di forza, vantando vigneti sino a 1200 m. e creando l’unico concorso internazionale dedicato ai vini di montagna.

 

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