Grosseto

La Maremma grossetana

Con il nome Maremma si intende quel territorio caratterizzato dall’indicibile bellezza della natura, dall’armonioso fondersi dei borghi antichi con il paesaggio, da un’agricoltura prospera e attenta alla salvaguardia dell’ambiente. Questo lembo di incantevole territorio toscano, che dalle pendici appenniniche e dalle altezze del Monte Amiata digrada sino alle coste tirreniche, affonda le proprie radici culturali, storiche e socio-ambientali al tempo degli Etruschi (VIII sec. a.C.), popolo colto e raffinato, che ha lasciato in ogni luogo di questa terra segni tangibili della propria grande civiltà. Per gli Etruschi la Maremma era la “Madre Terra”: qui costruirono una fitta rete di importanti centri abitati, mentre, sapienti agronomi quali erano, riuscivano ad ottenere ottimi raccolti prendendosi cura del territorio come di un giardino.

Sino alla dominazione di Roma. Con il sopraggiungere dei Romani iniziarono anche i primi segnali di declino, che divenne totale quando cadde l’Impero: da quel momento la Maremma vide un lungo periodo di impoverimento ed isolamento, la terra non fu più coltivata e le periodiche alluvioni generarono l’impaludamento delle terre. Da qui si originarono gravi malattie, quali soprattutto la malaria, che decimò la popolazione. Dopo questo lungo stato di miserevole abbandono, la Maremma vide nuovamente la luce con l’avvento del regno di Leopoldo II, che iniziò una profonda opera di bonifica, i cui risultati hanno portato allo splendore paesaggistico di cui oggi si può godere.
La Maremma, infatti, possiede un insieme di ambienti naturali eterogenei: la densa coltre della pineta, la macchia mediterranea, le dune sabbiose punteggiate dai gigli di mare e poi una fauna variegata che comprende una ricca varietà di uccelli, migratori e stanziali, cinghiali e caprioli si scorgono nella macchia, tra le radure pascolano allo stato brado le bianche vacche maremmane, insieme alle mandrie di cavalli sorvegliate dai “butteri”, che ogni giorno percorrono chilometri seguendo gli animali ed hanno il compito di salvaguardare il delicato ecosistema della regione. A tale scopo, in Maremma, sono state create anche numerose aree protette, tra le quali spicca il Parco Naturale Regionale della Maremma, istituito nel 1975, che comprende i Monti dell’Uccellina, le zone umide del tratto finale dell’Ombrone e degli acquitrini della Trappola, la pineta di Alberese e la campagna in cui vivono i cavalli e i buoi allo stato selvatico.
Attorno ad Orbetello, invece, si estende l’omonima laguna, oasi faunistica del WWF, disseminata di isolotti ricoperti di vegetazione palustre, dove, tra i numerosissimi uccelli che nidificano, si possono trovare il cavaliere d’Italia e l’airone cinerino. Punto di sosta per gli uccelli migratori è poi il Rifugio faunistico WWF del Lago di Burano, lungo la costa meridionale della provincia. All’interno è stato costituito il Parco faunistico dell’Amiata, per conservare inalterato il territorio dei numerosi animali che lo popolano, così come nella zona settentrionale della provincia, nei pressi di Massa Marittima è stato istituito il “Carapax”, primo centro italiano di recupero, ricerca scientifica e ripopolamento della tartaruga, regolarmente aperto al pubblico.
Il cuore di questa terra, capoluogo di Provincia, è l’antica Grosseto, fondata nel 935 dai superstiti della città etrusca di Roselle, devastata dai Saraceni. Appartenuta ai senesi e quindi ai Medici, Grosseto ha legato il proprio sviluppo al successo delle opere di bonifica.
Poco oltre il centro della città moderna, attraverso Porta Nuova si entra nel centro storico, racchiuso entro l’esagono verde dei bastioni costruiti da Francesco I nel 1574. Le mura racchiudono anche precedenti fortificazioni medievali, oltre all’imponente complesso della Fortezza Medicea. All’interno delle mura troviamo il Duomo, che venne eretto su un preesistente edificio romanico tra il 1294 ed il 1302 da Sozzo di Rustichino, come testimonia un’epigrafe, ma venne più volte rimaneggiato. Anche la bella facciata bicroma bianca e rosa risale al 1840-45, ma sul fianco destro si trovano due bellissime bifore gotiche con vetrate (XV sec.) ed un portale con fini formelle istoriate, mentre nell’interno si può ammirare, tra le altre opere, un grande fonte battesimale di Antonio Ghini (1470). Il Museo Archeologico e d’Arte raccoglie reperti archeologici e preistorici del grossetano, come i ritrovamenti effettuati negli scavi di Roselle, utensili ed ornamenti in bronzo da Vetulonia, vasi e bronzi di età romana, parti architettoniche del tardo Impero e ceramiche medievali, oltre alle preziose collezioni d’arte sacra dell’ex Museo Diocesano.
Merita una visita anche la Chiesa di San Francesco, un edificio gotico dalla semplice facciata in cotto, che racchiude all’interno un Crocifisso su tavola, attribuito al primo periodo di Duccio da Buoninsegna.

Lasciando Grosseto e dirigendosi verso nord, si incontrano i resti di due fra le più antiche e potenti città etrusche: Roselle e Vetulonia.
Roselle è famosa per la cinta muraria di oltre 3 km, esempio insigne di architettura tuscanica, che delimitava l’abitato a cui si sovrappose la città romana. Si possono osservare le tracce di un anfiteatro di età augustea, epoca a cui risalgono anche i ruderi del Foro, di una basilica e di una villa, probabilmente un edificio termale. Nel mezzo si trovano poi i resti di un complesso abitativo ellenistico, con case e botteghe artigianali, edifici etruschi in mattoni crudi essiccati al sole e fuori dalle mura emergono tracce di necropoli con piccole tombe a camera.
Poco distante sorge Vetulonia, città etrusca molto vitale tra l’VIII sec. a.C. e il II sec. d.C., all’epoca adagiata sulle sponde del golfo che oggi è la piana di Grosseto fu uno dei più attivi porti commerciali del Mediterraneo. Nel borgo medievale sono visibili le tracce dell’imponente cinta muraria etrusca, mentre all’epoca ellenistico-romana risalgono i resti di strade lastricate, case e botteghe, pavimenti, fognature, vasche e pozzi. A nord-est della città si estende la vasta zona della necropoli, con numerose tombe a pozzetto e a tumulo, nelle quali sono stati ritrovati preziose suppellettili in oro e bronzo. In particolare, lungo la “Via dei Sepolcri” spiccano le tombe chiamate il Tumulo della Pietrera a il Tumulo del Diavolino, risalenti al VII sec. a.C., il primo di 60 m. di diametro, il secondo di 80 m.

A sud di Grosseto, invece, oltre il Parco della Maremma, si trovano incantevoli borghi di pescatori incorniciati da splendide spiagge e fresche pinete. Sul promontorio del Monte Argentario, dal quale si scorge l’Isola del Giglio dal mare limpidissimo, si trovano Porto Santo Stefano, sovrastato dalla fortezza spagnola seicentesca e Porto Ercole, dall’intricato incrocio di viuzze, piazzette, sottopassaggi e scale scavate nella roccia.
Orbetello, al centro della laguna tra l’Argentario e la costa toscana, ha evidenti tracce etrusche e spagnole, mentre nell’ex convento delle Orsoline è esposto il celebre Frontone del Tempio di Talamone, preziosa opera del periodo ellenistico (II sec. a.C.) raffigurante il mito di Edipo. Ad Ansedonia, lungo la costa su un promontorio roccioso, troviamo le rovine dell’antica Cosa, colonia romana fondata nel 273 a.C., cinta da mura costruite secondo la tecnica etrusca.
Alla base del promontorio inizia invece la famosa Tagliata etrusca, opera di alta ingegneria idraulica romana, che insieme allo Spacco della Regina serviva ad evitare l’insabbiamento del porto, facendo defluire in mare le acque del vicino Lago di Burano.
Risalendo in direzione del Monte Amiata si incontrano borghi medievali incastonati nella roccia e circondati da un ambiente dove la natura è assoluta protagonista. Pitigliano, che si staglia su una rupe di tufo dai ripidi bordi, fu la capitale di una contea degli Orsini e mostra potenti opere difensive e architetture rinascimentali inserite nell’impianto urbanistico medievale. Da vedere il grandioso Palazzo Orsini, il Duomo, la Sinagoga del XVI sec. (nella seconda metà dell’800 Pitigliano era soprannominata “piccola Gerusalemme”) e la parte terminale del paese, ricca di vicoli pittoreschi in cui si aprono le cantine scavate nella roccia e da cui parte la caratteristica discesa cordonata che conduce alla via Antica Porta di Sovana. Sovana è un centro che conobbe ricchezza e potenza nelle epoche etrusca e romana, raggiungendo il massimo splendore con la signoria degli Aldobrandeschi, poiché era la principale via di comunicazione tra la costa e l’area mineraria del Monte Amiata. Oggi è un borgo quasi completamente disabitato, ma caratterizzato dall’essere una vera gemma architettonica. La suggestiva via di Mezzo sbocca nella raccolta Piazza del Pretorio su cui si affacciano il Palazzo del Pretorio, il Palazzo dell’Archivio, la Loggetta del Capitano, il Palazzo Bourbon del Monte e la deliziosa Chiesa di Santa Maria, del XII secolo, che conserva uno splendido ciborio marmoreo (VIII-IX sec.). Al termine dell’abitato sorge il celebre Duomo, ricostruito tra l’XI e il XII sec. sulla base di un preesistente edificio; nell’interno ampio e maestoso spiccano la quattrocentesca tomba di San Mamiliano e il fonte battesimale della stessa epoca, mentre sotto l’abside si trova l’antica cripta a cinque navate dell’VIII secolo. Nei dintorni di Sovana c’è inoltre una vasta necropoli con tombe e colombari, tra cui la monumentale Tomba Ildebranda e la Tomba del Tifona (III-II sec. a.C.).
Merita una visita un altro borgo abbarbicato sulla roccia e circondato da profonde vallate, Sorano, dove il tempo sembra essersi fermato al medioevo: un dedalo di viuzze, cortili, archetti, portali bugnati, scale esterne e logge. Uscendo dal borgo attraverso la Porta dei Merli si scende nel fondovalle del fiume Lente, da dove si dipartono le “vie cave”, caratteristiche strade costruite dagli Etruschi.
Sull’altro versante si incontrano i ruderi della Chiesa di San Rocco, dietro la quale si estende una vasta necropoli con tombe a camera scavate nel tufo, mentre nei dintorni ci sono numerose tombe a colombaio, celle disposte in fila l’una sopra l’altra, che nel medioevo venivano utilizzate come ricovero per i colombi.
Infine, per rilassarsi e godersi un altro spettacolo della natura, non c’è niente di meglio che immergersi nelle calde acque sulfuree delle Terme di Saturnia, che affluiscono in grandi vasche naturali scavate nel travertino.

Gastronomia maremmana
In ogni più remoto angolo della provincia di Grosseto è possibile gustare una cucina tradizionale, che ricorre all’impiego di prodotti locali e trova origine nella sapienza dei tempi passati.
Il piatto per eccellenza della gastronomia maremmana è la cosiddetta “acqua cotta”, una saporita zuppa, tipicamente contadina, preparata con pochi e semplici ingredienti: verdure, olio d’oliva, uova, pane abbrustolito e pecorino. Un’altra minestra molto in uso è la “zuppa lombarda”, ottenuta versando acqua di fagioli insaporita con olio d’oliva, pepe e un po’ d’aceto sopra fette di pane casereccio. Sempre fra i primi piatti, tipici sono i “tortelli maremmani”, ripieni di bietole e ricotta e conditi con sugo; oppure i “maccheroni alla poderana”, conditi con un ricco sugo a base di pomodoro, fave, carciofi, prosciutto, salsiccia, olio d’oliva e aromi vari. Troviamo poi le prelibate “pappardelle con la lepre” e, sul mare, il “caciucco all’uso della costa maremmana”: una rinomata zuppa che si prepara con varie qualità di pesce, quali tracina, palombo, San Pietro, cappone e pesci di scoglio in genere.
Spaziando nei secondi piatti si possono assaporare il “buglione d’agnello”, una specialità in cui la carne è cotta con delicati aromi; la sostanziosa “scottiglia”, ricco stufato di carni miste; varie preparazioni a base di cacciagione e selvaggina, come il “cinghiale in umido” o gli “spiedi di caccia”.
Tra i dolci spiccano come particolarmente apprezzate le “frittelle di San Giuseppe”, impastate con farina, olio, zucchero, uova, bicarbonato, vaniglia e scorza di limone grattuggiata.
Tutte queste deliziose preparazioni sono accompagnate dai vini tipici della zona, tra i quali si annoverano il Bianco di Pitigliano, il Monteregio di Massa Marittima, il Morellino di Scansano, il Parrina, l’Ansonico, l’Alberese e il Capalbio.

 

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