Varese

Varese e i sette Laghi

Fasciata nel suo tailleur rigoroso, seduta a un tavolo del lussuoso hôtel situato poco fuori dalla città, in posizione panoramica, lei gusta a piccoli sorsi un morbido liquore alla mandorla e insieme la dolcezza del paesaggio, quel fazzoletto di verde punteggiato d’azzurro, fatto di boschi, di valli e colline disseminate di ville sontuose, mentre qua e là occhieggiano laghi e laghetti, incastonati come gemme sospese tra cielo e terra. Nella frescura, lo sguardo rivolto all’uscita dalla funicolare, assapora il piacere dell’attesa: come ogni sera, lui la raggiungerà, dopo aver sbrigato gli ultimi affari, preso gli ultimi accordi in città.
Una scena, questa, che si potrebbe ambientare  all’inizio degli anni ’50 a Varese, “provincia verde” adagiata sui colli, “città- giardino”, ma anche “terra dei sette laghi”, dalla fisionomia schiettamente lacuale che traspare dallo stesso toponimo “var-vare”. Fascino discreto di un panorama, il primo, vero monumento della città, armonioso nella sua varietà, con quel suo delicato inerpicarsi fino alle prime dolci alture prealpine del Massiccio del Campo dei Fiori, che con il Sacro Monte abbraccia protettivo la pianura, per poi spaziare più in là, fino allo sfondo imponente e maestoso del Monte Rosa e della catena alpina, magicamente innevati.

Varese, città opulenta nel suo splendore all’epoca d’oro della villeggiatura d’élite, quando, negli anni ruggenti della Bella Epoque le ricche famiglie milanesi (e non), sceglievano la “piccola Versailles” come meta di un turismo esclusivo, alla ricerca di agi, lusso e comfort.
Anni rampanti del potere di una borghesia intraprendente e dinamica, che assecondava il progresso incalzante e si affermava facendo costruire palazzi e fabbriche in città, ma anche alberghi prestigiosi e ville signorili dove, imitando le nobili casate di un tempo, andare a “ far campagna”, godendo però di tutti i supporti della modernità: ferrovie, tram, funicolari; incanto sfavillante di un’epoca, durata fino ai nostri anni ’50 e che ha lasciato un’eco raffinata e profonda nei molti edifici della Varese “Liberty”, nuova formula di una civiltà del vivere “in villa”, vera e propria tradizione che a Varese esiste da sempre, come si può scoprire risalendo indietro nel tempo, attraverso l’itinerario che vi proponiamo.

Cominciamo allora con i diversi edifici in stile Liberty, situati per lo più alla periferia o subito fuori dalla città: primo fra tutti, si impone il complesso del Campo dei Fiori, con il grandioso Grand Hôtel ed il Ristorante omonimi e la Stazione d’arrivo della Funicolare, oggi chiusi. Costruiti dal Sommaruga, il principe varesino dello stile “floreale”, sono un chiaro esempio di come l’“Art Nouveau” intendesse recuperare gli oggetti e gli edifici d’uso quotidiano ad una nuova funzionalità, all’insegna dell’eleganza e della raffinatezza, mediando le suggestioni del passato come, ad esempio, al Grand Hôtel, l’uso della pietra viva, proprio degli scalpellini medievali, con materiali nuovi, come la pietra artificiale, un’invenzione moderna.
Scendendo poi lungo le pendici del Sacro Monte fino al quartiere residenziale di S. Ambrogio, non finiremo più di stupirci di fronte al mosaico formato dalle tante ville con torrette, palmizi e ferri battuti floreali, tra cui spicca Villa Tœplitz, col suo grande parco dal sofisticato gioco di prospettive, sentieri e fontane in pietra. Arriveremo quindi nei pressi di Masnago, al complesso di Colle Campigli, sempre progettato dal Sommaruga, con il Palace Grand Hôtel, tuttora aperto, sede di ritiro di Juve, Inter e Milan negli anni ’50 e ’60 e con il teatro Kursaal, distrutto, purtroppo, durante la Seconda Guerra Mondiale.
A questo punto, ormai in città, ci attendono alcune tra le più belle residenze patrizie del passato, del ‘700 soprattutto, tutte abbellite da suggestivi giardini all’italiana, sistemati su diversi piani, con balaustre, statue e giochi d’acqua, o all’inglese, con prati rasati ed originali accostamenti di piante e fiori: ecco il Palazzo Ducale, oggi sede del Municipio e della Biblioteca Civica, superba corte di Francesco III d’Este, con facciata in stile tardo-barocchetto: alle sue spalle, gli splendidi giardini “Estensi”, che riecheggiano quelli fiorentini di Boboli, o quelli viennesi di Schönbrunn. Da qui si possono raggiungere facilmente sia Villa Mirabello, sede dei Musei Civici, sia Villa Recalcati, sede dell’Amministrazione Provinciale. Nel rione di Biumo Superiore visiteremo invece Villa Menafoglio, oggi Panza, rilevante polo museale che accoglie una delle più ricche collezioni d’arte contemporanea in Italia, destinato ad essere affiliato al Guggenheim di New York e le due Ville Ponti, oggi Centro Congressi della Camera di Commercio: la più recente (1858-70) è in stile eclettico, la più antica, Villa Fabio Ponti, detta Napoleonica, in stile neoclassico, famosa perché quartier generale di Garibaldi nella battaglia di Varese contro gli Austriaci.

Non sorprendiamoci ora se, strada facendo sempre in ambito cittadino, il nostro percorso incrocerà, o più semplicemente sposerà, quello ancora più antico di torri, rocche e castelli medievali, che in epoche meno sicure e spensierate si innalzavano a difesa di questa terra di confine, nodo strategico lungo le grandi direttrici dei traffici nord-sud: entriamo nel Castello Castiglioni- Mantegazza di Masnago, severo testimone della vita cortese nel suo raro ciclo di affreschi a carattere profano del ‘400 lombardo; oppure, col naso all’insù, ammiriamo la Torre della Meridiana di Piazza della Motta, la Torre Civica di Piazza Monte Grappa, o il Castello di Belforte, che ai tempi delle guerre comunali ospitò Federico Barbarossa e, se ci va di fare un’escursione nei dintorni, spingiamoci alla romanica Torre di Velate (XII sec.) o, immersa nel verde del Campo dei Fiori, alla turrita Rocca di Orino.

Per i cultori di arte sacra, invece, si ricorda che i diversi quartieri, o “castellanze” della città possono svelare insospettati gioielli di architettura e di pittura romanica lombarda, come le chiese di S. Stefano a Bizzozero e di S. Imerio a Bosto, o il Battistero di S. Giovanni al centro città, annesso alla Basilica di S. Vittore, edificata in epoca posteriore, tra il XVI e il XVII sec., ma su una preesistente chiesa romanica: opera del varesino Bernascone, che ha dato il suo nome all’adiacente campanile, presenta una facciata neoclassica, opera del Pollack. All’interno, pregevoli dipinti del Morazzone. Nello storico rione della Motta, prezioso ricettacolo del folklore locale, c’è invece la Parrocchiale S. Antonio, anima della grande sagra organizzata per la “festa di S. Antonio Abate”, quando, tra luci, bancarelle e palloncini colorati che si innalzano con i nomi dei bambini, si assiste alla benedizione di fidanzati e di animali e si possono gustare per l’occasione i “pessitt de S. Antoni”, pesciolini fritti, o i “firun da castegn”.

Ed ora, prima della fine del giro, riserviamoci un po’ di tempo per tornare ad alzare lo sguardo e dedicarci con spirito meno mondano alle alture del Sacro Monte, col borgo medievale di Santa Maria del Monte, il Santuario omonimo con annesso Monastero delle Romite, la suggestiva Via Sacra: il pittoresco borgo antico, anzitutto, avamposto strategico tardo-romano contro le incursioni barbariche, tanto più importante nel Medio Evo, dove secondo la leggenda, nel IV sec. S. Ambrogio  sconfigge gli ultimi seguaci dell’eresia ariana e, sull’altare posto da S. Antonio, lascia in dono una statua lignea della Madonna nera: su quella chiesetta primitiva si schiuderà l’attuale Santuario, dalle fattezze barocche, ma fondato prima del Mille e poi profondamente rimaneggiato, soprattutto nel XV sec. Sì, perché il Sacro Monte è anzitutto e da sempre luogo mistico per definizione, culla del sacro e meta di pellegrinaggi, che ha ispirato poeti e pellegrini, o viaggiatori illustri: da Ludovico il Moro a S. Carlo Borromeo, a PaoloVI e Giovanni Paolo II, da Stendhal e S. Butler a G. Piovene: tutti ugualmente affascinati da quel percorso di “ misteri” e devozione che è la Via Sacra, 14 Cappelle sorte nel 1600 con il concorso unanime della gente del posto, tutte diverse l’una dall’altra e internamente affrescate e ornate di statue, opera dei migliori artisti locali. Disposte sul crinale del Monte e separate tra loro giusto lo spazio che occorre alla recita del Rosario (il tema conduttore di questi “piccoli” capolavori), sono il frutto del fervore contro-riformistico dei Borromeo, preoccupati di arginare gli effetti del Protestantesimo dilagante e di rafforzare nella gente la fede cristiana, illustrandola in modo semplice e diretto attraverso il linguaggio visivo, appunto. Di queste Cappelle segnaliamo in particolare la settima, per i dipinti del Morazzone e la terza, per “La fuga in Egitto”, il grande murales di R. Guttuso, che ha soggiornato per molti anni in una villa della zona.
Poi, per ristorarsi dalla fatica della salita, consigliamo una sosta al borgo per gustare “l’Elisir del Borducan”, il liquore del Sacro Monte, preparato a partire da scorze d’arancia, secondo una “segretissima” ricetta ideata dall’erborista varesino D. Bregonzio, quando da garibaldino aveva partecipato allo sbarco dei “Mille”in Sicilia. E se volete un souvenir caratteristico del Sacro Monte, avete ancora la rara fortuna di trovare le “giromette”, biscottini di acqua e farina sagomati in diverse figurine e adornati da una vezzosa penna colorata di gallina.

CASTIGLIONE OLONA
Antico gioiello d’arte medievale, detta anche “isola di Toscana in Lombardia” per i suoi superbi monumenti quattrocenteschi, ogni prima domenica del mese ospita, lungo le stradine del centro storico, la “Fiera del Cardinale”, mercatino dell’usato e del piccolo antiquariato. Meritano una visita la Collegiata e il Battistero, con meraviglioso ciclo di affreschi di Masolino da Panicale, la chiesa di Villa e gli edifici storici, tra cui il trecentesco Palazzo del Cardinale Branda Castiglioni e il Palazzo del Municipio, con affreschi quattrocenteschi all’esterno. Uscendo da Castiglione, si continui soffermandosi al Monastero benedettino di Torba, di cui si possono visitare l’antichissima torre medievale internamente affrescata e la chiesa di S. Maria (sec.XI). Si arriva così a Castelseprio, “castrum” longobardo, ovvero borgo fortificato, di cui restano attualmente gli imponenti ruderi. Capitale anche di un vasto e potente contado, si è arricchita col tempo di altri preziosi monumenti: di notevole valore storico il ciclo di affreschi orientali della chiesa di S.MariaForis Portas”(sec.VII).

LAVENO
Importante scalo lacuale sul lago Maggiore. Grazie alla funivia che la collega al sovrastante Sasso del Ferro, offre la migliore vista panoramica sul Lago, uno degli scorci lombardi più belli in assoluto, che si può ammirare anche da un’altra prospettiva, passeggiando per il tranquillo lungolago. É nota soprattutto per le sue ceramiche ed il suo “Museo della terraglia”, segno inequivocabile della vocazione artigianale cittadina. Da qui si prosegue per l’Eremo di S. Caterina del Sasso (sec.XIII), aggrappato alla roccia e a strapiombo sul lago, ricco di affreschi di epoche diverse e composto da tanti piccoli ambienti ricavati in spazi esigui, disposti su terrazzi pensili.

ANGERA
Forte contado nel Medioevo, fu a lungo contesa dalle famiglie nobili milanesi, prima i Visconti e poi i Borromeo, per la sua posizione dominante sul lago Maggiore. A testimonianza del suo splendore resta la poderosa Rocca Borromea, con mura merlate e torre castellana. All’interno, merita una visita anche l’incantevole Museo della Bambola con annesso quello dell’abbigliamento infantile. Nei pressi, Ispra, con il Centro di studi nucleari dell’Euratom e Ranco, curiosa per il suo Museo “Ogliari”dei Trasporti.

GAVIRATE
Patria dei deliziosi “brutti e buoni”, è situata sul Lago di Varese e vanta un territorio estremamente interessante sotto più profili: storico, per gli incredibili reperti di insediamenti palafitticoli dell’isolino Virginia risalenti al neolitico, in località Biandronno, sede anche di un piccolo museo preistorico; artistico, grazie al Chiostro romanico di Voltorre, gioiello benedettino del XII sec. e oggi sede di raffinate rassegne musicali. Numerose nella zona le fabbriche di pipe, tipico prodotto dell’artigianato locale, immortalato nel museo loro dedicato di Brebbia. Qui, come a Gemonio, sono da visitare le due graziose chiese romaniche di S. Pietro. A Cittiglio, è da vedere il Museo dedicato a A. Binda, campione del ciclismo italiano d’altri tempi, per arrivare in Valcuvia, celebrata dai romanzi di Piero Chiara, a Casalzuigno, dove sorge Villa Della Porta Bozzolo, incantevole esempio di villa “di campagna” del ’500, con stupendo giardino all’italiana. Un salto è d’obbligo ad Arcumeggia, uno dei tanti, ma forse il più compiuto dei “paesi dipinti”, con le sue case fabbricate “ a secco”, dai muri esterni affrescati di murales di alcuni tra i maggiori artisti italiani contemporanei, come A. Sassu, Carpi, Brindisi,ecc.

SESTO CALENDE
All’estremo lembo meridionale del Verbano, posta là dove il Ticino abbandona il lago, è stata teatro delle gesta garibaldine ed ha origini alto-medievali (sorge infatti sul luogo in cui si teneva il suo “sextum mercatum”). Tra le chiese romaniche, interessante la “Badia”, appellativo della chiesa di S. Donato(sec.IX) e l’Oratorio di S. Vincenzo (sec. XI). Nel suo Museo archeologico conserva notevoli reperti di civiltà preromane e soprattutto della cosiddetta civiltà di Golasecca, i cui resti, risalenti all’età del ferro e databili tra l’VIII e il V sec. a.C., sono direttamente riscontrabili nell’area archeologica situata nei paraggi (con cromlech e necropoli del XIII sec. a.C.). A qualche chilometro, si può visitare Somma Lombardo con il suo bel castello visconteo del XII sec. e le chiese di S. Stefano e della Madonna della Ghianda. L’itinerario può chiudersi ad Arsago Seprio che vanta tracce sostanziose della colonizzazione romana e due monumenti di grande rilievo per la loro semplice, unica bellezza: la Basilica di S. Vittore (sec.IX) con facciata a bifore ed archi pensili ed il Battistero a pianta ottagonale.

UN TUFFO GOLOSO TRA  PIATTI DI OGGI E RICETTE “DELLA NONNA”
La cucina varesotta presenta un’allegra contaminazione di tradizioni e influssi di territori contigui, di cui condivide del resto buona parte dei prodotti e quindi dei sapori. Al di là della matrice comune, sulle tavole imbandite scorre però una vena autentica di piatti tipici e di ricette originali, frutto di un amore radicato per questa terra e della fantasia nel gusto di questa provincia, che non a caso ha dato i natali al grande Savini, “patron” del celeberrimo locale di Galleria Vittorio Emanuele II, a Milano!
Un menu tipico potrebbe comprendere così, come antipasto “rustico” dei salumi misti nostrani, anche aromatizzati, affumicati e non, compresi quelli di cinghiale, di cervo o d’oca, accompagnati da polenta alla griglia o da profumati funghi porcini, o di altra specie; in alternativa, crostini e bruschette al lardo e al miele, insalata di nervetti, fiori di zucca ripieni o verdure in agrodolce. Tra i primi, spicca il “riso giallo al salto”, a cui fanno da corona tutti i risotti più svariati: alle erbe, alla zucca, agli asparagi, ai porcini e al tartufo, alle rane, al persico; tra i piatti della tradizione più vera segnaliamo anche la zuppa di cipolle, la polenta con verdure, il “pomià”, pancotto con lardo, verza e borlotti e la “pasta cunscia”alla casereccia, pasta fresca cotta con patate e condita con un intingolo di burro e salvia. “Tomasella”, (o “risella”), mortadella di fegato di maiale da servire con patate o polenta e “stuàa in cunscia”(stufato in concia, manzo cotto con verdure e aromi come ginepro e alloro), aprono la gamma dei secondi di antichissima origine, accanto alle svariate qualità dei pesci di lago e di fiume disponibili soprattutto d’estate: persico, salmerino, lavarello, anguilla, tinca, trota e luccio in carpione, arrosto, al vapore o alla griglia. Tra le carni: coniglio, asino, maialino e altro, o, in stagione, selvaggina preparati in svariati modi, in stufato, brasato, o arrosto e accompagnati da verze, erbette, porcini, castagne o polenta. “Polenta e bruscitt”, pezzettini di carne di manzo cotti in vino rosso ed aromatizzati al finocchio, “cazzoeula”e “mac”della Valtravaglia, con castagne, latte e riso (buono anche come dolce), costituiscono dei gustosissimi piatti unici. Per dessert, oltre alle torte, marmellate e composte preparate con frutti di bosco, rabarbaro, ciliegie, miele e castagne, vogliamo consigliarvi alcune “chicche” della tradizione: biscotti che vanno dai celebri amaretti di Saronno, ai “brutti e buoni” di Gavirate, preparati con chiara d’uovo, nocciole e mandorle tostate, ai “mustazzitt” (Mostaccini), dolcetti speziati a forma di rombo. Da provare sicuramente i dolci a base di farina mista bianca e gialla, dai più raffinati, come il “dolce Varese”, ai più “casalinghi”: “pan de mei”,(o “meìno”) formine tonde di pane dolce ai fiori di sambuco e “meascia”, torta di pane, latte e frutta fresca e passa. Per finire, le “lacciadet de pomm” (frittelle di mele). Un’idea? irrorare tutto con un bicchierino dell’inconfondibile Amaretto di Saronno. Niente da segnalare, invece, quanto ai vini, perché i vecchi vigneti sono stati per lo più smantellati, malgrado un tentativo di recupero della produzione locale, operato dalla distilleria Rossi di Angera, che lancia, com’è naturale, una serie di interessanti “vini rossi”.
 

 

Registrazione newsletter

Iscriviti per ricevere la nostra newsletter