Modena

Alzando gli occhi, ci si ritrova avvolti dall’abbraccio giallo, rosa antico e soprattutto color ocra delle case, mentre guardando a terra sono i ciottoli grigio chiaro rubati al fiume Panaro ad indicare la strada; una strada che si snoda lungo una serie di curve che spezzano e rimpiccioliscono la visuale, sino ad aprirsi, improvvisamente, nel cuore di questa città “a misura d’uomo”.

Stiamo girovagando per Modena, una città da scoprire lentamente a piedi, e siamo giunti proprio nel suo centro storico e spaziale, Piazza Grande, dove lo sguardo è catturato dal candore marmoreo dell’imponente facciata del Duomo, mirabile sintesi di architettura e scultura di altissimo livello.

Il Duomo da solo varrebbe una visita a Modena, in quanto costituisce un compendio pressoché completo dell’arte e della cultura del basso medioevo. Si tratta del più insigne monumento dell’arte romanica che si possa trovare nella città e nella provincia: la sua costruzione ebbe inizio nel 1099 e gli elementi dell’arte di quel periodo si scorgono ovunque nella facciata, con il suo loggiato ad arcate cieche decorate da trifore, con gli archetti pensili, i leoni in pietra che proteggono l’ingresso e poi con i meravigliosi bassorilievi dell’artista Wiligelmo, la cui firma si può leggere ancora nell’ultima riga della lapide di facciata, retta dai profeti Enoc ed Elia.

Tali bassorilievi sono uno splendido esempio della definizione di “Bibbia dei poveri” spesso attribuita all’arte romanica, in quanto Wiligelmo ha rappresentato anche per gli analfabeti la storia in immagini del Vecchio Testamento: dalla creazione di Adamo ed Eva alla loro cacciata dal Paradiso Terrestre, dalla vicenda di Caino e Abele a quella di Noè sull’arca per scampare al diluvio universale, per finire con le immagini di Noè insieme ai propri figli, tutti con il volto fiducioso nel futuro.

Voltandosi verso l’ariosa Piazza Grande è ancora possibile, con un po’ d’immaginazione, sentire il vociare della gente che per secoli qui si raccoglieva il sabato per il mercato settimanale; nell’abside del Duomo, infatti, sono ancora incise le misure della pertica, del braccio, della tegola e del mattone, a garanzia dell’onestà dei commerci che si tenevano in Piazza. Ma se si desidera cogliere dal vivo il colore della quotidianità di Modena, bisogna spostarsi nell’area del mercato coperto di Via Albinelli, dove nel 1931 il mercato della frutta e verdura fu trasferito e dove, tra i banchi, campeggia la “Fanciulla con canestro di frutta”, solida scultura del modenese G. Graziosi.

La Piazza, tuttavia, è ancora il centro della tradizione modenese. Diviene festosissima e piena zeppa di gente nei giorni del 31 gennaio, quando si festeggia il patrono San Geminiano, e del giovedì grasso, la giornata di Sandrone, ovvero la maschera modenese che pronuncia il suo annuale sproloquio ai concittadini dal balcone del Palazzo del Municipio.

Oltre ad essere testimone della tradizione e del commercio di Modena, Piazza Grande lo è anche della sua vocazione civile: ne fa fede la “pietra ringadora”, situata nell’angolo nord-est di fronte allo scalone comunale. In origine questa pietra era il palco dal quale arringare la folla, ma in seguito le sue funzioni furono altre: lì dovevano battere tre volte a natiche scoperte i debitori, in segno di umiliazione; lì venivano lasciati i corpi degli annegati in attesa di riconoscimento.

E’ ora il momento di alzare gli occhi al cielo e di ammirare stagliarsi, contro l’orizzonte, il simbolo della città di Modena, la Torre Ghirlandina. Svettante per 90 metri d’altezza di fianco al Duomo, la Torre unisce in sé gli stili di due epoche diverse: la parte a base quadrata, contemporanea al Duomo, segue i canoni dell’architettura romanica, mentre la parte alta, a base ottagonale, risente di un gusto chiaramente gotico.
La Torre Ghirlandina è il simbolo di Modena per aver avuto funzione  difensiva, oltre che religiosa, mentre in una delle sue stanze erano gelosamente custoditi i privilegi comunali. Inoltre, una testimonianza del forte orgoglio cittadino è conservata nella prima stanza interna della Ghirlandina, dove si trova una secchia di legno che costituisce una sorta di trofeo, strappato dai modenesi ai bolognesi nella guerra del 1325 (in realtà questa è una copia, mentre l’originale si trova nel Palazzo Comunale). Proprio a questa secchia si ispirò lo scrittore A. Tassoni, che nel 1622 compose il poema eroicomico “La secchia rapita”; a lui è dedicato il monumento eretto accanto al lato nord della Torre.

Piazza Grande è chiusa infine dai Palazzi Comunali, una costruzione con porticato a forma di L, dove hanno sede gli uffici comunali, oggi come nel medioevo, anche se gli edifici sono il frutto di una rielaborazione secentesca. Al termine del portico si può osservare un altro simbolo caro ai modenesi, ovvero la “Bonissima”, una statua conosciuta proprio da tutti, tanto che è stato coniato il modo di dire “essere come la Bonissima”, che allude a persona molto conosciuta. Il nome di tale statua pare risalire all’Ufficio della “Bona Estima”, di fronte al quale nel 1268 essa era collocata, poggiata su un piedistallo di marmo sopra il quale erano incise le misure; tuttavia la fantasia popolare preferisce un’altra spiegazione, che racconta di una signora ricchissima, “nomata Bona”, che spese molto per aiutare i poveri.
Una tradizione analoga aleggia anche all’interno del Palazzo Comunale, nella Sala del Fuoco, dove sembra che nel grande camino, tuttora esistente, durante l’inverno venissero prodotte le braci che poi venivano distribuite agli ambulanti di Piazza Grande, perché potessero sopportare meglio i rigori dell’inverno. In ogni caso, oltre che per il grande camino in marmo, la Sala del Fuoco si segnala anche per il pregevole soffitto ligneo a cassettoni e per i dipinti alle pareti, opera di Nicolò Dell’Abate (1546), che raffigurano l’assedio che Bruto sostenne a Modena nel 44-43 a.C. contro Antonio.

Parlando di storia civile, una data importante per Modena è il 1598, allorché Ferrara tornò sotto il dominio pontificio e il nuovo Duca d’Este, Cesare, scelse Modena come capitale del potente Ducato. La città, tuttavia, aveva un tono ancora di tipo provinciale e medievale, quindi gli Estensi si impegnarono a fondo per conferirle un aspetto nuovo e più monumentale, aggiungendo un’area scandita secondo criteri più moderni e razionali: la parte nord, con strade larghe, rettilinee e ad incrocio perpendicolare.

La più eccezionale testimonianza estense nella città di Modena è però il Palazzo Ducale, che Francesco I fece costruire a partire dal 1643 su disegno di B. Avanzini. Si tratta di un elegante esempio dell’architettura secentesca, imponente per dimensioni, composto da tre torrioni emergenti dalla vasta costruzione a tre piani, sormontati da una balaustra marmorea. I lavori durarono per secoli, tanto che le ultime statue, scolpite dal Graziosi per ornare la balaustra, vennero collocate solo nel 1926, in sostituzione di quelle, ormai logore, in legno.
Il Palazzo Ducale è oggi sede dell’Accademia Militare ed è aperto solo il 4 novembre (o la domenica più vicina a quella data) o per visite guidate durante il resto dell’anno. In queste occasioni è possibile ammirare il Cortile d’Onore e alla sua sinistra la loggia trasversale che conduce allo splendido Scalone d’Onore. All’interno resta ben poco della magnificenza estense, le cui testimonianze sono conservate nel Palazzo dei Musei, ma si possono ancora ammirare le opere pittoriche che adornano i soffitti del Salone d’Onore e della sala attigua, oltre al Salottino d’Oro, lussuosamente “barocchetto”, dove le decorazioni in stucco rivestito d’oro zecchino ornano le pareti e il soffitto.

Nel XVIII secolo, grazie a Francesco III d’Este, Modena si arricchisce anche di opere di pubblica utilità, quali il Grande Ospedale Civile degli Infermi e il Grande Albergo dei Poveri. Quest’ultimo, realizzato tra il 1676 e il 1771 su disegno di P. Termanini, divenne “Albergo delle Arti” nel 1778, venne poi ceduto al Comune nel 1883 e attualmente, quale Palazzo dei Musei, è adibito a sede delle più significative raccolte storiche e artistiche della città. Nella Galleria Estense, che si apre con il busto di Francesco I eseguito dal Bernini,  si possono ammirare le raccolte estensi di pittura italiana e straniera, fra cui spicca il ritratto di Francesco I eseguito da Velazquez, opere di Palma il Giovane, Tintoretto, Veronese, di pittori fiamminghi, tedeschi, francesi ed una lunga serie di pale d’altare.

Nell’ala della Biblioteca Estense, invece, si contano 412.000 volumi e opuscoli, 1.658 incunaboli, circa 16.000 cinquecentine, preziosi codici miniati, una pregiata raccolta di manoscritti musicali ed alcune opere particolarmente degne di nota: la “Bibbia di Borso d’Este”, composta alla metà del ‘400, il “Messale di Borso”, il “Breviario di Ercole I d’Este” e la “Carta del Cantino”, composta tra il 1498 e il 1502 e sulla quale compaiono già le coste dell’America.

Anche per quanto riguarda l’architettura sacra, gli Estensi non si lasciarono sfuggire l’occasione di celebrare la propria magnificenza. Molte delle chiese seicentesche di Modena, infatti, presentano una notevole ricchezza degli interni, con profusione di decorazioni plastiche e pittoriche, pur essendo caratterizzate all’esterno da una grande sobrietà. Un esempio è la Chiesa di Sant’Agostino, che la moglie del defunto Duca Alfonso IV nel 1663 fece completamente riadattare con l’intento di trasformarla in “Pantheon Estense”.

Adiacente al Palazzo dei Musei, con una sobria facciata in cotto, la chiesa nell’interno mostra eloquenti criteri scenografici: la prima impressione di grandiosità è suggerita dalla lunga navata unica, sormontata dal soffitto a lacunari completamente dipinto con temi volti alla glorificazione della stirpe Estense; vi sono poi ampi finestroni che inondano di luce i numerosi stucchi e le cappelle, che si rivelano nel lusso delle decorazioni.

Il “Pantheon degli Estensi” divenne però la Chiesa di San Vincenzo, in Corso Canalgrande, più imponente all’esterno grazie alle colonne di marmo e ai finti pilastri che si stagliano sul fondo in cotto. L’interno è anch’esso a navata unica con ampi finestroni e procedendo verso l’altare si scorgono le tombe di alcuni membri della famiglia d’Este, arricchite di marmi scolpiti con lusso ed eleganza.
Alla fine del ‘600, dunque, Modena ha l’aspetto di una vera capitale, degna di un potente Ducato come fu quello degli Estensi.
Quello che oggi colpisce, tuttavia, è la sua anima raccolta, che nonostante nasconda straordinari tesori d’arte, è riuscita a farle conservare un aspetto intimamente “famigliare”, esempio perfetto di città “a misura d’uomo”.

LA GASTRONOMIA MODENESE
Se volessimo individuare il tipico menù modenese, esso dovrebbe comprendere il prosciutto crudo, i tortellini, lo zampone, l’aceto balsamico, il Parmigiano Reggiano, il Lambrusco, le ciliegie ed il nocino.

Il Prosciutto di Modena è un crudo tutelato dal marchio D.O.P. dell’Unione Europea, dal sapore più sapido rispetto a quello parmense. Tale prosciutto, insieme alla polpa di maiale e al formaggio grana, va a formare il ricco ripieno dei tortellini, gustosissimi triangoli di pasta sfoglia fatti a mano, da gustare in brodo o con il ragù.

Come secondo piatto fa la sua comparsa lo zampone, specialmente adatto nella stagione invernale, composto dalla pelle delle zampe anteriori del maiale insaccata con carne suina e cotenne di guanciale macinate non troppo fini, insaportie con aromi naturali.
  
La verdura fresca del contorno va a questo punto condita con qualche goccia di Aceto Balsamico Tradizionale di Modena, un prodotto antico di secoli, che proviene da un mosto di base ottenuto da uva bianca Trebbiana di collina: il resto della lavorazione viene effettuata da una serie di travasi in varie botticelle di legni diversi e soprattutto dal tempo (i periodi di maturazione variano dai 12 ai 25 anni ad anche oltre). Si tratta di un prodotto estremamente pregiato, certamente usato già alla corte estense, che si caratterizza per il sapiente equilibrio tra l’agro e il dolce e che tra gli estimatori può raggiungere anche quotazioni da capogiro.

Dopo il secondo, è il turno di qualche scaglia del saporito Parmigiano Reggiano, da accompagnare con il vino più tipico di queste terre, il frizzante D.O.C. Lambrusco, nelle sue tre tipologie di Sorbara, di S. Croce e di Castelvetro. La frutta è rappresentata dalle ciliegie di Vignola, che fuori stagione si possono gustare sotto spirito, mentre alla fine del pasto si concluderà con un bicchierino di nocino, il tradizionale infuso in alcol dei malli ancora verdi delle noci, colti, come vuole la tradizione, nella notte di San Giovanni.

Oltre a questo menù tipico di tutto rispetto, esistono tuttavia molti altri piatti tramandati dalla tradizione. Fra i primi troviamo così i maccheroni al pettine, strisce di pasta sfoglia decorate con righe, ottenute tramite una componente dei vecchi telai domestici, il “pettine” appunto, e condite con ragù.

Fra i secondi ritroviamo ancora il maiale nel cotechino, simile allo zampone ma più ricco di cotenne ed insaccato in budello di suino, e nel cappello del prete, composto con lo stesso impasto, ma avvolto nella pelle della guancia del maiale e sagomato a forma di copricapo a tre punte.

Vi sono poi specialità tipiche da accostare a tali pietanze al posto del pane: ad esempio il gnocco fritto, fatto di una spessa sfoglia a base di farina, sale ed acqua, tagliato a triangoli e fritto nello strutto, da accostare soprattutto ai salumi. Oppure la tigella (o crescenta), dall’impasto simile a quello del gnocco, ma suddiviso in piccole porzioni, che poi vengono schiacciate tra due pietre piatte messe accanto alle braci per la cottura; risultano ottime tagliate a metà ed imbottite di salumi o di un impasto a base di lardo macinato, rosmarino, aglio e formaggio grana. O ancora i borlenghi, una pasta sottilissima aromatizzata con aglio e arricchita di formaggio grana, ottenuta dalla cottura su piastra di un impasto semiliquido a base di acqua e farina.
Il dolce più tipico di Modena, infine, è il bensone (o belsone), una pasta dolce a forma di grosso pane allungato, cotta al forno e decorata con grani di zucchero, che una volta si mangiava intinta nel Lambrusco.

 

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