Agrigento

Agrigento: la magia dei suoi luoghi


Chi vi giunge al risveglio della primavera, che qui avviene nei primi giorni di febbraio, rimane incantato dall’esplosione di bianco e rosa dei mandorli in fiore; chi vi giunge in estate è invece abbagliato dai gialli ardenti della terra bruciata dal sole, mentre in inverno si può godere del verde smeraldo che ricopre colli e pianure. La provincia di Agrigento offre un’infinita varietà di colori, profumi e sapori, che si sprigionano durante tutto il corso dell’anno per divenire l’ideale scenario sensoriale di un ricchissimo patrimonio artistico ed archeologico, che millenni di storia hanno tramandato a questa terra.

Attraverso Porta di Ponte si entra nella storia di Agrigento, la “Akragas” dei Greci, la “Agrigentum” dei Romani, la “Girgenti” degli Spagnoli, “la più bella città dei mortali” di Pindaro. Il primo incontro si ha con il convento e la Chiesa di Santo Spirito, il complesso medievale più importante della città, tra i monasteri più antichi di Sicilia, un’abbazia fondata nel ‘200 che conserva il portale gotico, gli stucchi di Giacomo Serpotta, il grande chiostro ed affreschi tre-cinquecenteschi.
Sempre all’epoca medievale risalgono la Chiesa di San Francesco d’Assisi e la Chiesa di San Pietro, mentre la Chiesa di San Lorenzo, dall’imponente prospetto barocco, conserva sotto di se uno dei più antichi ipogei esistenti: una rete sotterranea di approvvigionamento idrico, con canali, gallerie e cisterne databili al VI secolo a.C.
Giungendo in Piazza Luigi Pirandello si incontra il Comune, situato all’interno dell’ex convento dei Domenicani, sede anche dell’ottocentesco Teatro Luigi Pirandello, ma per un incontro più approfondito con il grande drammaturgo, premio Nobel, è d’obbligo visitare la sua casa natale in località Villaseta, dove in un cippo funerario all’ombra di un pino riposano le sue ceneri.
Proseguendo lungo l’asse storico di Agrigento ed oltrepassando la Chiesa di San Giorgio, dal magnifico portale gotico, nella parte più alta della collina, sulla sommità di una scalinata, si giunge alla Cattedrale: databile alla fine dell’XI secolo, rimaneggiata tra il XIII e il XVII secolo, presenta nella facciata una grande finestra a ornati arabo-normanni, una torre campanaria quattrocentesca e all’interno notevoli dipinti, statue ed oggetti sacri. E’ famosa anche per il singolare effetto acustico che si produce al suo interno, dove chi si pone sulla linea dell’abside può udire ciò che dice chi sta sulla porta, a 85 metri di distanza.
Notevoli, ancora, il Palazzo Vescovile, il Seminario ex Steri dei Chiaramonte e la Biblioteca Lucchesiana, oltre alla chiesetta di Santa Maria dei Greci, tra le cui strutture rimangono i resti di un tempio dorico.
Non sono certo i templi dorici a mancare in questa zona, famosa in tutto il mondo proprio per la Valle dei Templi, nell’area sud della città. Passeggiando in questa valle, oggi patrimonio dell’UNESCO, si incontrano ben sette dei dieci templi dorici edificati nel V secolo a.C., momento del massimo splendore agrigentino. L’itinerario parte dalla Rupe Atenea e dal santuario di Demetra, costeggia chiese di epoca normanna e medievale e giunge alla Via dei Templi, lungo la quale si incontrano il Tempio di Ercole, il Tempio della Concordia (il meglio conservato), il Tempio di Giunone Lacinia, le ciclopiche rovine del Tempio di Giove, il Santuario di Demetra e Persefone ed il Tempio dei Dioscuri.

Addentrandosi all’interno della provincia di Agrigento sono ancora innumerevoli le occasioni di stupore di fronte alle bellezze naturali ed artistiche.
Lungo la costa occidentale, oltrepassata Porto Empedocle, che sin dai primi decenni del ‘900 è stata il crocevia del trasporto marittimo di salgemma e zolfo, si approda a Realmonte e poco oltre allo scenario incantato della Scala dei Turchi: bianchissime scogliere erose dalle acque, dal vento e dalla pioggia, solcate sino a divenire simili a enormi gradinate.
Eraclea Minoa offre invece l’incredibile panorama simmetrico di due archi: da un lato l’arco azzurro del golfo, dall’altro l’arco in pietra del teatro, databile al IV secolo a.C., che si affaccia sul mare. Proseguendo, la cittadina di Ribera accoglie i visitatori con il suo paesaggio circondato di agrumeti, da cui provengono le omonime, succosissime arance. Sempre ad ovest del capoluogo, la via conduce a Sciacca, la città che vanta le più antiche terme della Sicilia, ma che presenta anche una carrellata di monumenti che vanno dall’epoca romana, a quella araba, a quella barocca, culminanti in un’eccezionale costruzione in stile siculo-catalano: il cinquecentesco Palazzo dello Steripinto.

Nell’entroterra le memorie storiche portano a Caltabellotta, antico scenario della pace tra Federico III d’Aragona e Carlo II d’Angiò, che nel 1302 mise fine alla guerra del Vespro e decretò il dominio aragonese della Sicilia. Infine, per assaporare le atmosfere arabe così tipiche in molte zone dell’isola, bisogna spingersi fino a Sambuca di Sicilia, che conserva l’aspetto islamico nell’intreccio di cortili e vicoli tortuosi.
Percorrendo la costa orientale altre reminiscenze, questa volta d’ordine letterario, si incontrano a Palma di Montechiaro, città che sino al 1812 fu feudo dei Tomasi di Lampedusa e dove è facile scorgere molti dei luoghi descritti nel famosissimo romanzo “Il Gattopardo”. Bellissima, nell’interno, dominata dal trecentesco castello dei Chiaramonte, vi è Naro, dove la “passeggiata barocca” offre alla vista splendidi gioielli architettonici.
Un castello del ‘600 domina invece Licata, dall’affascinante centro storico ricco di architetture liberty, inframmezzate da due notevoli chiese barocche.
Dirigendosi verso l’interno dell’agrigentino, la prima tappa è il “paese della ragione” di Leonardo Sciascia, Racalmuto, dove si susseguono le memorie di una Sicilia fatta di solfatare abbandonate, severi castelli chiaramontani, modeste case in pietra. Antichissime eco storiche riecheggiano a Sant’Angelo Muxaro, nella sua necropoli, nella tomba del Principe, la più grande della Sicilia e nella preziosa “patera” d’oro, attualmente esposta al British Museum di Londra. Addentrandosi infine tra paesaggi boscosi e rocce, Santo Stefano Quisquina mostra un santuario immerso nel verde dove, dice la leggenda, sarebbe vissuta come eremita Santa Rosalia, la famosa “santuzza di Palermo”.
La provincia di Agrigento prosegue oltre le coste, nella zona più meridionale d’Italia: le isole Pelagie dalle splendide spiagge e dai panorami di infinita bellezza. Lampedusa, Linosa e Lampione offrono clima temperato tutto l’anno e un mare dalle limpidezze cristalline, grazie al quale la locale industria ittica conserviera ha raggiunto un’elevata qualità. La purezza dell’ambiente si scopre in particolare nell’isolotto dei Conigli (Lampedusa), dove le tartarughe marine ogni anno vengono a deporre le uova sulla spiaggia.

I sapori della gastronomia Agrigentina
In una provincia così prodiga di prodotti della terra e del mare, la gastronomia ha potuto creare piatti con gustosissime fantasie di gusti, caratterizzati da genuinità e ricchezza di sapori tipici. La tradizione vuole che tra gli antipasti siano i superbi ortaggi sott’olio a fare da protagonisti, seguiti dal “pitaggio” (fave fresche, piselli e carciofi), dal pesto di finocchietti e dalle cozze al peperoncino gratinate, per citarne solo alcuni.
Spaziando tra la grande varietà di primi, si possono gustare superbi “cavatelli”, preparati con salsa di pomodoro e melanzane oppure “alla giurgintana” con le sarde, oltre al “maccu” (minestra di fave e cavoli) e alla pasta con fave e ricotta.
Tra i secondi spicca il pesce azzurro arrostito sui “canali” (tegole arroventate), gli “scataddizzi” soffritti (piccole lumache) e le salsicce, insaporite con sesamo, finocchietto e peperoncino.
La ricotta è la regina dei dolci, lavorata sino ad ottenere una superba crema arricchita da svariati ingredienti, per preparare la “cassata” o il “cartoccio di ricotta”. Per le festività natalizie la tradizione suggerisce invece il cuscus dolce, con cacao e pistacchi, mentre per la Pasqua sono protagonisti gli “agnelli di pasta reale”, confezionati secondo un’antica ricetta dalle monache del monastero del SS. Rosario, a Palma di Montechiaro.

 

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