Rocca dei Rossi

La Rocca dei Rossi a San Secondo

Ondeggiano sinuose come antiche odalische, non è musica a tirare i fili invisibili dei loro movimenti, è il vento che soffia leggero in una notte qualsiasi, in una notte come tante. Sono fiammelle, candele, luci che rendono la notte più buia e la luce più brillante.
Nel silenzio i passi fanno un piccolo rumore, il silenzio fa la notte più grande. Potrebbe essere oggi, ieri, cinquanta, cento o chissà quanti anni fa…o forse anche stanotte…

Non c’è da stupirsi, se le visite notturne al Castello dei Rossi, magnificamente orchestrate, fanno vibrare le corde del sentimento con grazia e passione, se possono creare l’incantesimo di una notte che sembra sempre, in cui il tempo è solo una trama sottile di fili colorati che scorre fra le dita. Ma si sa, ogni incantesimo, per funzionare a dovere, ha le sue regole. Questa è molto semplice, perché le visite notturne sono organizzate in modo davvero scenografico ogni mese…del resto, avere la possibilità di incontrare personaggi come Giovanni delle Bande Nere e Pietro Aretino, davvero non è cosa di tutti i giorni, e nemmeno avere personaggi simili in vesti di ciceroni del castello, pronti a raccontare al visitatore curiosità e leggende, squarciare per un attimo-che importa se è solo un attimo, nel ricordo sembra eterno- il velo del tempo, e assaporare la vita che- così ci dicono- doveva essere alla corte nel lontano passato. Ma chi erano questi uomini, queste donne, e che cosa ci raccontano?

Per incominciare, la storia può bastare. Ed ecco l’amore, che è cosa di ogni tempo e che non cambia mai, mutano solo gli attori. Così in un anno lontano del 1500 Troilio Rossi, sposa Bianca Riario, sorellastra di un condottiero dal nome altisonante, nientemeno che Giovanni dalle Bande Nere, vale a dire Giovanni de Medici. E dal matrimonio di questi due interessanti personaggi nasceranno dei figli, destinati a loro volta ad arruffare i fili della storia; così la giovane Camilla, così bella, che diverrà amante di Giovanni, e che  poi sposerà Piermaria Pallavicini. Alleanze, contratti matrimoniali, vincoli di fedeltà, doti di donne che in primo luogo portavano la loro bellezza.
Questo illustrano coi loro colori dolci la sala di Didone e Circe, donne forti che per amore soffrirono. E poi gioielli inimmaginabili, arredi, abiti, tutto quello che all’epoca concorreva non solo a formare un patrimonio, ma anche ad affermare in modo perentorio il proprio nome, la propria ricchezza.
Proprio per questo motivo, che accomunava praticamente la maggior parte delle sfarzose dimore dell’epoca, i Rossi decisero di abbellire ed ingrandire il castello perchè fosse all’altezza del loro nome e delle loro imprese.
E per realizzare questo ambizioso progetto, o, se preferite, per realizzare un desiderio, all’epoca il modo migliore era affidare la decorazione ad abilissimi pittori. Esattamente quello che accadde alla Corte nella metà del 500, quando essa si arricchì di locali preziosissimi quali la sala di Bellerofonte, che uccise la Chimera, mostro curioso e spaventoso allo stesso tempo, mentre  sulle pareti gli artisti prestavano voce a Esopo che raccontava favole, intingendo le sue parole nell’inchiostro e nei colori.
La sala cosiddetta della maldicenza, corredata di motti ammonitori in latino, la divertente sala della cena, dove è rappresentata una curiosa scena di un satiro alle prese con un commensale.
Ma il capolavoro della Corte deve ancora essere presentato: la sala di Amore e Psiche, bella favola d’amore che spiega il mito della nascita di una passione.
Il tono degli affreschi, avvicinandosi alla zona diciamo così più ufficiale, si fa più composto, serio, e si ispira non più a testi irriverenti come l’Asino d’oro del latino Apuleio, ma piuttosto ad opere quali quelle di Omero, cantore cieco, Ovidio, poeta d’amore e Virgilio, guida di Dante e autore dell’Eneide.
E il percorso prosegue snodandosi per le sale dei Giganti, consueto monito ai nemici, la sala cosiddetta delle gesta, autentica galleria di famiglia e la sala di Latona, donna bellissima, madre di due imponenti divinità, Apollo e Diana, costretta a fuggire a causa dell’ira di Giunone. Questa sala emana un fascino denso e palpabile, che sicuramente è accresciuto anche da un misterioso segreto. Ammirate pure stupiti il colore brillante delle dorature della sala, non per nulla la chiamano sala d’oro, avvicinatevi, perché qui si racconta a volte accadono cose inspiegabili, quando l’orologio batte la mezzanotte, l’ora del confine tra il giorno vecchio e quello nuovo. Solo allora, il fantasma di una giovane donna molto bella si libera dalle catene dell’invisibilità e si aggira indisturbata per le sale del palazzo, lei che in questa sala perse, misteriosamente, la vita.

 

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