Matera

Matera, la città dei Sassi

Matera: “…è situata in una vallata profonda 300 piedi, e sugli scoscendimenti, da ambo i lati, s’aprono caverne e grotte che sembra servissero ad abitazioni in antichissimi tempi…”.

Questa la descrizione che lascia della città l’Abate Fortis, accompagnatore del conte svizzero De Salis Marschlins, nel suo viaggio in Italia del 1798. Il religioso non si rese conto di essere davanti a quello che oggi è dichiarato dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità, i cosiddetti “Sassi” di Matera, arcaici e caratteristici rioni scavati nella roccia calcarea lungo i pendii di un profondo e digradante vallone, testimoni di un sistema abitativo primordiale che affonda le sue radici addirittura nel Neolitico.
La Civita è la parte più antica della città e il nucleo originario dove si rifugiarono le popolazioni in fuga da Metaponto e Eraclea sin dall’epoca delle guerre puniche. Proprio dalla fusione delle iniziali delle due località (Met-Era) sarebbe derivato il nome della città, altrimenti legato alla parola Mata, che significa “cumulo di rocce”. Ai lati di questa acropoli fortificata, nelle due vallette carsiche, in seguito alla crescita demografica, si svilupparono i due rioni Sassi, chiamati Sasso Caveoso e Sasso Barisano.
L’antico tessuto urbano ricevette nuovo impulso tra l’VIII e il XIII secolo grazie al misticismo dei monaci eremiti che trovarono nelle antiche case/grotte le condizioni ideali per erigere cenobi, conventi e chiese rupestri, spesso adornate con magnifici affreschi bizantini. Il resto è storia recente: una legge speciale negli anni ’50 stabilì lo svuotamento dei rioni per ragioni di degrado igienico-sanitario, e il trasferimento della popolazione in nuovi quartieri. I Sassi divennero così il più grande centro storico completamente abbandonato, emblema della miseria contadina. Ma nel 1993 l’inaspettata rinascita e riabilitazione: con l’inserimento nella Lista del Patrimonio dell’Unesco come primo centro del Sud Italia, i Sassi di Matera vennero universalmente riconosciuti come uno dei luoghi eccezionali del mondo.
Da alcuni anni i Sassi sono tornati a vivere, grazie anche all’infaticabile opera di intellettuali, studiosi, giovani, che hanno ristrutturato e dato nuova vita a quelle antiche case senza alterarne l’aspetto, creando punti d’incontro e circoli che attirano turisti e visitatori. Tra le iniziative, ricordiamo lo splendido presepe vivente che vi si rappresenta a dicembre.

Andiamo dunque alla scoperta di questa sorprendente città, situata in posizione strategica tra il Mare Adriatico e il Mare Ionio, resa celebre dal libro “Cristo si è fermato ad Eboli” di Carlo Levi e da numerosi registi tra i quali artisti della levatura di Pier Paolo Pasolini che vi ha girato “Il Vangelo secondo Matteo”.

La Basilica Cattedrale di pregevole stile romanico-pugliese sorge sull’altura a cavallo dei due Sassi e domina la città col suo grande rosone simboleggiante la ruota della vita. La struttura a tre navate ospita al suo interno affreschi di scuola napoletana, un coro ligneo del 1453 e un interessante presepe in pietra lavorata dello scultore Altobello Persio. Ma la devozione religiosa è di casa a Matera, come rivelano i numerosi edifici sacri, tra cui il Monastero di Sant’Agostino, la Chiesa di S. Pietro Barisano, quella di S. Pietro Caveoso, la Chiesa di S. Domenico, di S. Giovanni Battista, di S. Francesco d’Assisi, e quella del Purgatorio.
Molto suggestivo l’itinerario delle chiese rupestri, oltre 130, alcune delle quali esclusivamente ipogee e scavate nella roccia, altre con la parte scavata integrata con una costruzione all’esterno e facciate scolpite nel tufo ascrivibili a diversi stili ed epoche. Le meglio conservate dei due rioni sono la Chiesa di San Giovanni in Monterrone, quella della Madonna De Idris, la Chiesa di Santa Barbara, di Santa Lucia alle Malve, di San Nicola dei Greci e della Madonna delle Virtù.
I locali dell’ex monastero delle Clarisse di Santa Chiara ospitano il Museo Nazionale intitolato al suo fondatore Domenico Ridola, l’intraprendente medico e archeologo lucano che esplorò il sottosuolo materano, raccogliendo e catalogando un gran numero di reperti databili dal paleolitico al neolitico, dall’età del bronzo e del ferro all’epoca greca e romana.
Ricca anche la presenza di palazzi signorili rinascimentali e settecenteschi, tra cui Palazzo Lanfranchi, seminario diocesano e in seguito Liceo-Ginnasio dove insegnò anche Giovanni Pascoli, sede oggi del “Centro Carlo Levi” e della Pinacoteca D’Errico, i palazzi Sedile e Bronzini, Alvino e Firrao-Giudicepietro presso la cinta muraria, Palazzo Santoro-Padula in via Duomo e Palazzetto Enselmi in via San Biagio.

Il Castello sorge in posizione dominante e racconta un’altra fase della storia della città, quando nel XVI secolo gli Aragonesi la vendettero al conte Giancarlo Tramontano, che per sentirsi più sicuro decise di farsi erigere un castello gemello del Castelnuovo di Napoli. Ma paradossalmente il conte stesso fu causa del suo male e venne trucidato dai materani esasperati durante una sollevazione popolare il 29 dicembre 1514.
La costruzione del castello restò incompiuta e si compone oggi di un mastio centrale e due torri laterali.

Ma Matera non finisci qui.
Scoprire l’anima di questa città significa accostarsi con discrezione alle sue tradizioni, ai riti popolari, alle feste religiose.
In primavera la città è invasa dalla Sagra del Maggio, che si svolge durante la Domenica di Pentecoste e nei due giorni successivi, in onore del Patrono San Giuliano, una celebrazione che conserva arcane reminiscenze di un primigenio rito nuziale e propiziatorio. Infatti viene celebrato un solenne matrimonio simboleggiato dall’innesto del “Maggio” (il cerro più dritto e più alto abbattuto dai boscaioli) con la “Cima” (la più frondosa pianta d’agrifoglio tagliata dai contadini), con l’accompagnamento di canti d’amore e motivi nuziali. Il 2 luglio la Festa della Bruna, protettrice della città, presenta un programma vivace e movimentato: dopo la “Processione dei Pastori” e la “Cavalcata” in costume, il momento clou è quello del “Carro Trionfale” che viene assaltato e distrutto dalla folla esultante.

Il territorio di Matera
Aliano
Paesaggi deserti, freddi, quasi lunari, ci attendono ad Aliano, cittadina dell’interno resa eternamente famosa dalle pagine di “Cristo si è fermato ad Eboli” di Carlo Levi, che qui soggiornò come confinato politico nel 1935, denunciandone le condizioni di vita: “… e d’ogni intorno altra argilla bianca, senz’albero e senz’erba, scavata dalle acque in buche, coni, spiagge, di aspetto maligno…”. Da visitare la casa dello scrittore, nei cui ambienti sottostanti è ospitato il Museo della Civiltà Contadina, mentre nell’adiacente Palazzo Caporale si trova provvisoriamente il Museo Storico C. Levi.   

Metaponto

François Lenormant, archeologo francese vissuto nella metà dell’800, venne in Basilicata per studiarne la storia e le rovine. Il suo approccio non fu immediatamente positivo: Metaponto gli apparve un deserto, senza case e senza strade, ma al calar del sole tutto gli sembrò diverso: “E’ una di quelle notti greche la cui oscurità è trasparente…l’aria è dolce e si prova, a respirarla, un incanto ineffabile (…)”.
In questo piccolo lembo di terra, epicentro delle lotte tra la Grecia e Roma, il viaggiatore può visitare le rovine delle tavole Palatine, quindici colonne ed un basamento del tempio dorico dedicato ad Hera, il Foro delle Muse, dove morì Pitagora, il Parco di Apollo Licio, il teatro greco, il museo archeologico, e infine le  belle spiagge sabbiose di Metaponto, attrezzate per soddisfare il turista più esigente.

Policoro
Poco più a sud sorge Policoro, dove fiorì la colonia greca di Heraclea ad ancor prima la famosa città di Siris, fondata dai Troiani. Una vasta zona archeologica e il Museo Nazionale della Siritide sono eterna testimonianza di civiltà ricche e complesse, grazie ai numerosi reperti di grande interesse.
Anche Norman Douglas, narratore inglese di fine ‘800, si trovò a passeggiare in questi luoghi e si riconciliò col mondo “La Foresta di Policoro costeggia lo Ionio…il crepuscolo regna sovrano…Policoro ha la bellezza aggrovigliata di una palude tropicale…”.

Valsinni
Incantevole centro storico, anticamente chiamata Favale, con le sue piccole e pittoresche stradine, sorge ai piedi del castello Morra, dove si consumò la breve vita di Isabella Morra, donna e poetessa delicata e romantica, uccisa spietatamente dai fratelli che sospettavano una relazione amorosa con Diego Sandoval de Castro, barone di Bollita (l’odierna Nova Siri). Benedetto Croce, dopo un soggiorno a Valsinni nel 1928, ebbe modo di interessarsi e apprezzare la poesia di Isabella, autrice di un Canzoniere. La locale Associazione Culturale continua la sua opera di approfondimento grazie a sudi e convegni.

Tursi
Costruita dai Goti, ebbe il suo primo nucleo sulla collina dove i saraceni eressero la Torre di Tursico. Qui nacque Albino Pierro, poeta dialettale candidato al Nobel per la Letteratura, per la sue opere in dialetto tursitano tradotte in varie lingue europee. A pochi chilometri di distanza, a metà strada tra Policoro e Tursi, al centro di un paesaggio di grande suggestione per la presenza dei “calanchi”, sculture naturali modellate nei secoli dal vento e dalla pioggia, sorge il Santuario di S. Maria D’Anglona, splendido e isolato, risalente al XIII secolo.

A tavola nel Materano
Poche cucine sanno essere così povere, eppure allo stesso tempo così ricche come quella lucana. La genialità dei cuochi e delle massaie riesce in questa regione a creare piatti unici e gustosi, da ingredienti apparentemente umili e dimenticati. Gli elementi base della cucina tradizionale lucana sono rappresentati dai tipici prodotti dell’area mediterranea: pane, pasta, formaggi, insaccati, verdure, carni d’agnello e capretto, olio d’oliva, vino.
In generale il Materano utilizza piatti di derivazione pugliese. Il pane è l’elemento per eccellenza: da qualche anno il pane di Matera, il più ricercato tra quelli prodotti, viene venduto nelle migliori panetterie italiane; si tratta di un pane alto e soffice di grande formato, pesante fino a 5 kg al pezzo, rigorosamente impastato con farina di grano duro, sale e lieviti naturali, tagliato in forme diverse e cotto in forni a legna. Un altro prodotto da forno sono le “scrocchiarelle”, di forma quadrangolare, ormai considerate un prodotto  tipico nella zona di Matera. Gli ingredienti principali sono particolari miscele di farina, olio extra-vergine d’oliva, sale.  Diffuse anche le “friselle” e i “taralli lucani”, composti da farina tipo “0” e “00”, lievito naturale, sale e semi di finocchio. Una ricetta tipica della zona è inoltre il “Pane Cotto”, a base di pane raffermo, uova, porri, peperoncino, prezzemolo, olio d’oliva e sale. L’invenzione della pasta, contesa da napoletani e siciliani, è probabilmente dovuta proprio ai lucani, come attesta la VI Satira di Orazio in cui il poeta venusino parla di una zuppa di “lagane, ceci e porri”, in cui le lagane non sono altro che striscioline di pasta di grano duro, antenate delle tagliatelle. Non  c’è da stupirsi dunque che le varie paste fatte in casa siano piccoli capolavori: “orecchiette”, “fusilli”, “ferretti”, “cavatelli”, “strascinati”, “maccaruni”, condite generalmente con sugo di carne ovina mista a quella di maiale, e sempre con l’aggiunta di un altro pilastro della cucina lucana, il peperoncino, che ha addirittura quattro nomi diversi e che viene utilizzato in quasi tutte le ricette. Ecco dunque tra i primi piatti: lagane e ceci, cavatelli con sugo e ricotta o con cime di rape, favette e cicoria, fusilli con la mollica, strascinati con lu “ntruppcc” (intoppo): pezzetti di carne tagliati col coltello e mai tritati. Altrettanto importanti e spesso utilizzate per condire la pasta sono le verdure dagli aromi acutissimi, quali: rosmarino, mentuccia, acetosella, ruta, cumino, finocchio selvatico, lampascioni (cipolline selvatiche dal sapore amaro).
Il maiale è uno degli elementi fondamentali nelle abitudini alimentari dell’intera regione, sia come carne che come condimento e ha dato vita a una serie di piatti caratteristici quali la “galantina di cotiche”, zampe e muso, la “pastiera di sanguinaccio”, la “peperonata con carne di maiale”, il “pezzente” (salame più grasso ottenuto dalle parti meno selezionate e insaporito con molto aglio e peperoncino), e altrettanti prodotti come le salsicce (lucaniche) nate qui in Basilicata, coppe, capocolli, soppressate, sanguinacci.
Tra i secondi piatti, ottimi anche gli arrosti di agnello e capretto, cucinati alla brace con erbe aromatiche, e il baccalà preparato con peperoni cruschi o “a ciauredda” (zuppa)
Infine, i dolci tipici sono quelli della tradizione natalizia e pasquale, dalle ricette semplici: i “taralli” (ricoperti di glassa di zucchero), i “calzoncelli” (ripieni di crema di ceci e cioccolata), le frittelle con zucchero e miele o i biscotti con mandorle e vino cotto.
Tra i vini è da segnalare l’ottimo vino prodotto nella provincia di Potenza: l’“Aglianico del Vulture”, rosso DOC, oltre agli spumanti (moscato e Malvasia), il robusto Rosso di Roccanova e i vari rossi, bianchi e rosati della Basilicata.

 

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