Teramo

Tra l'Adriatico e il Gran Sasso

Chi risalga la riviera adriatica provenendo da Pescara, giunto nella cittadina di Silvi Marina si trova già in provincia di Teramo, la più settentrionale delle province abruzzesi, bagnata per 45 km dal Mar Adriatico, dalle cui lunghe spiagge di sabbia si possono scorgere, in lontananza, i più alti picchi del Gran Sasso (2912 metri) e dei Monti della Laga, che si distendono a semicerchio lungo la zona sud - occidentale del teramano.
Una zona che alle antiche suggestioni storico - artistiche unisce sorprendenti bellezze naturali e tradizioni d’artigianato e gastronomia tra le più notevoli d’Italia.

Da Silvi Alta, antica roccaforte costruita per contrastare l’avanzata dei Saraceni, si può godere di una delle più belle vedute del Medio Adriatico, mentre dirigendosi verso l’interno in direzione di Teramo, imboccando una delle strade panoramiche più interessanti di tutta la provincia, dopo una decina di chilometri non si può fare a meno di una sosta.
Infatti la strada, giunta a 442 metri s.l.m., incontra Atri, una delle più famose città del mondo antico, dalla quale si dice abbia preso il nome il Mar Adriatico. Atri, infatti, nell’antichità aveva un porto stabile sul mare, dal quale in linea d’aria non dista neppure 5 km, ed insieme a Spina, Numana e Porto Trebbia fu il primo dei quattro empori adriatici del mercato greco fin dal VI secolo a.C. Le antichissime origini di Atri, nonché il privilegio di aver denominato l’Adriatico, sono confermati da Vittorio Aurelio, Paolo Diacono e Tito Livio, oltre che da una nutrita serie di monete.
Il Museo Sorricchio ha infatti raccolto ben 60 pezzi “fusi” di Atri, che insieme ai 44 della collezione Cherubini costituiscono un tesoro numismatico unico al mondo.
Dopo aver subito il dominio degli Umbri e dei Piceni dal VII al V secolo, aver fatto parte del Ducato di Spoleto e dei Franchi nel medioevo, quindi dei Normanni, del Papa, degli Svevi e degli Angioini, Atri fu infine affidata alla potente famiglia degli Acquaviva.
La testimonianza artistica più insigne di tutti questi secoli di storia è la splendida Cattedrale dell’Assunta, edificata nel 1285 su un’altra chiesa del IX-X secolo. La sua massa imponente e maestosa, le belle sculture simboliche ed i finissimi intagli, la cripta preromana ed i resti di preesistenti costruzioni romane, ne fanno una delle più notevoli chiese delle province meridionali. La Cattedrale è ricchissima di reliquie preziose e nell’annesso museo si conservano maioliche dipinte dai Grue, croci e pastorali d’argento e d’avorio, codici miniati, incunaboli, intagli lignei, splendide statue e centinaia di preziosi frammenti e mosaici delle costruzioni più antiche. Eccezionali anche il chiostro a due ordini ed il superbo campanile del XV secolo, opera del comacino mastr’Antonio da Lodi. Inoltre, documento unico nel ‘400 abruzzese, il ciclo più completo del secolo è costituito dagli affreschi di Andrea de Litio che occupano tutto il coro e ritraggono storie della Vergine.

Allontanandosi ancora dal mare e già in vista della spettacolare catena montuosa, si incontra Teramo, che sorge a 20 km dall’Adriatico e a 40 km dalle rocce del Gran Sasso d’Italia, su un ampio pianoro tra il fiume Tordino ed il torrente Vezzola.
Come Atri, anche Teramo vanta origini antiche, risalenti ai tempi preistorici. Al tempo del dominio romano, Teramo fece parte del “Praetutium” (denominazione dell’epoca del territorio teramano) e divenne una vera e propria metropoli dell’Agro Pretuziano, raggiungendo sotto Augusto prima e sotto Adriano poi, il massimo dello splendore, vantando templi, terme, teatro e anfiteatro. Quando la città venne in seguito distrutta dai Goti nel 410, sulle sue rovine sorse il castrum, che si chiamò “castrum Aprutiense, o soltanto “Aprutium”. E’ facile riconoscere in questo toponimo il nome della regione stessa, Abruzzo, che divenne tale dopo la costituzione del regno normanno.

Nel medioevo Teramo fu feudo vescovile e questo si riconosce nella facciata stessa della sua Cattedrale, coronata di merli ghibellini, ed anche oggi il Vescovo della Diocesi aprutina ha il titolo di “Principe di Teramo”, mentre in passato i prelati si valevano del raro privilegio di celebrare la messa armata, tenendo la corazza sotto la stola e la spada sull’altare. Nella Basilica Cattedrale di Teramo, risalente al XII-XV secolo, sono degni di nota il paliotto argenteo (1433-1448) di Nicola da Guardiagrele, il Polittico di Sant’Agostino ( XV secolo) di Jacobello da Fiore e il portale (1332) di Diodato Romano.
Notevoli anche i portali del vecchio Palazzo Delfico ed il Museo Archeologico, le strutture trecentesche del Palazzo Vescovile e della Loggia del Municipio, nell’atrio del quale è conservato un ricco lapidarium romano, e la famosa “Torre Bruciata”, un bastione romano in opus quadratum del II secolo a.C.

Provenendo dal mare, è ora il tempo di approdare ai monti e dirigendosi verso la provincia de L’Aquila si scende sul pianoro di San Giovanni, dal quale la vista del Gran sasso incombente è davvero eccezionale.
Qualche minuto ancora di strada e si incontra Isola del Gran Sasso d’Italia, circondata dai fiumi Ruzzo e Mavone, ricca di viuzze e piazzole monumentali, con porte e finestre caratterizzate da una sequela di iscrizioni, tanto che questa viene definita la “città dei motti”. Aggirandosi tra le mura di questa deliziosa cittadina ecco la Parrocchiale di San Massimo, adornata dal portale di Matteo di Napoli e preziose oreficerie, mentre nei dintorni spicca per la bellezza del paesaggio nel quale è immerso il Santuario di San Gabriele dell’Addolorata, dove nell’800 fu frate Francesco Possenti di Assisi dei Padri Passionisti, oggi patrono d’Abruzzo.
La strada serpeggia ancora tra amene frazioni e antichi insediamenti abbarbicati al Corno Grande, fino a giungere a Casale San Nicola, imbocco del traforo del Gran Sasso, dal quale si entra direttamente nel cuore della montagna.

La buona cucina del Teramese
La cucina di questa zona e di tutta la regione è da sempre stata considerata povera e semplice, fedelmente legata ai luoghi, ai prodotti tipici, alle festività e ai riti stagionali.
Quindi troviamo la pasta fatta in casa, la carne, prevalentemente d’agnello, cotta alla brace, i formaggi dell’antica tradizione pastorale (i pecorini di Scanno e di Atri, le caciotte di Casoli, la giuncatella teramana), i prelibati salumi (come la ventricina di Teramo, morbida e da spalmare, differente da quella di Vasto, da affettare), il pregiato olio extra vergine d’oliva e i tartufi, visto che l’Abruzzo è il più importante produttore di tartufi neri.
Il piatto forse più noto, da sempre presente sia sulle tavole della provincia che in tutto l’Abruzzo, è certo rappresentato dai “maccheroni con le pallottine”, composto dai famosi maccheroni alla chitarra conditi con ragù e saporitissime polpettine di carne tritata. Altro piatto simbolo della cucina abruzzese, che nel teramano assume connotazioni proprie e particolari, è il timballo, un ricchissimo piatto unico fatto di pasta sfoglia o, in provincia di Teramo, di “scrippelle” (una sorta di crespelle) e farcito da una serie di ingredienti che insieme formano un’incredibile armonia di sapori. Con questa specie di crespelle si prepara anche un altro piatto tipico e molto famoso nel teramano, le “scrippelle ‘mbusse”, ovvero ricoperte di brodo di gallina.
Tra le carni, oltre alle prelibate ricette a base di capretto e agnelli del Vomano e del Mavone, spicca la porchetta al forno, vanto della provincia di Teramo e il “tacchino alla canzanese”, servito freddo e in gelatina.
Queste sono alcune specialità dell’entroterra, ma sul mare il pesce dell’Adriatico trova la sua massima espressione nel “brodetto”, servito in diverse varianti lungo la costa, oppure nel più leggero “guazzetto”.
Per i vini non c’è che l’imbarazzo della scelta, tra prodotti di altissimo pregio e qualità, come il rosso Montepulciano, il bianco Trebbiano, il rosato Cerasuolo, gli spumanti secchi o il celeberrimo Montonico, l’aureo vino lodato un tempo dagli storici antichi ed oggi nuovamente esaltato nella sagra autunnale di Bisenti.

 

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