Parco del Cilento

Il Cilento e il Vallo di Diano

Il Cilento e il Parco Nazionale del Vallo di Diano, con i siti archeologici di Paestum e Velia, e la Certosa di Padula

Il Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, secondo parco italiano per estensione, rappresenta senza dubbio uno dei più significativi complessi biogeografici dell’Italia meridionale, ma la sua importanza storica e naturalistica va ben oltre i confini nazionali: nel 1998 è stato infatti inserito, unico in Italia, nella lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO nella categoria dei Beni Misti, sia naturali che culturali.

Esso è il risultato straordinario dell’opera congiunta dell’uomo e della natura, conseguenza mirabile di eventi storici, sociali, economici, artistici e spirituali, che si sono inseriti armoniosamente nell’ambiente naturale. Esso è un esempio eminente del processo ecologico e biologico degli ecosistemi mediterranei, racchiudendo in un unico Parco comunità di piante e di animali che vanno dalle forme marine a quelle terrestri più diverse; ma enorme è anche la sua bellezza, grazie alle coste intatte ricche di grotte ed insenature, alle spettacolari montagne interessate da fenomeni carsici, alla ricchezza di specie vegetali endemiche uniche.

Eccezionale è, infine, il suo valore universale dal punto di vista della conservazione, in quanto comprende habitat naturali tra i più rappresentativi per la conservazione “in situ” della diversità biologica e per la sopravvivenza di specie animali minacciate, come la lontra, e specie vegetali uniche, come la Primula Palinuri. Esso si presenta ai fortunati visitatori come una nicchia naturale integra, un microcosmo di inviolata bellezza che scende gradatamente dalle vette boscose al mare, passando per campagne coperte da macchia mediterranea, fiumi e piccoli laghi; un territorio fatto di rocce calcaree, inclini quindi all’erosione, e ricco di fenomenici carsici, dirupi, gole e grotte, che fin dal Paleolitico hanno offerto rifugio all’uomo, il quale vi ha lasciato importantissime tracce della propria storia.

Ogni paesaggio è qui espressione di un ambiente naturale diverso: partendo da quello straordinario dei Monti Alburni, con le loro mirabili grotte orlate da stalattiti e stalagmiti e la folta vegetazione, si passa ai 300 ettari, gestiti dal WWF, delle Oasi di Persano, un ambiente palustre lungo il corso del Sele, habitat ideale di preziose varietà animali e vegetali, fra cui primeggia la lontra, simbolo dell’oasi. Immerso in paesaggio prevalentemente montano, che costringe i paesi su cime e creste, si apre come per incanto il Vallo di Diano, una fetta di territorio di soli 30 km. dal notevole valore geologico. Da nord il Vallo si prolunga, lungo il corso del Tanagro prima e del Calore poi, infine nell’alveo di quello che in epoca preistorica era stato un lago: è una fascia di terra colorata da differenti colture (quasi un miraggio nel brullo entroterra, dedito per lo più ad un’agricoltura di sopravvivenza ed a una magra pastorizia), pullulante di fiumi e ruscelli, accerchiata da alte montagne, che portano i segni della storia medievale nei loro splendidi castelli, ed abitata da una folta fauna, ricca anche di esemplari rari, che vive indisturbata in mezzo ad una natura superba.

I confini del Parco Nazionale giungono fino alla costa, fatta di promontori frastagliati alternati a baie dalla sabbia finissima, di alte scogliere e d’innumerevoli grotte, digradanti su un mare trasparente e generoso, le cui infinite tonalità ed i mille tesori accrescono la straordinaria bellezza dell’entroterra.
Nel bel mezzo della vivace natura del Vallo di Diano s’inserisce, in perfetta armonia con l’ambiente circostante, la Certosa di Padula, un complesso straordinario non solo per la sua ampiezza (più di 50.000 mq.), ma anche per la ricchezza del suo decoro, per i meravigliosi cortili, chiostri e giardini, che ne fanno uno dei più grandiosi monumenti barocchi dell’Italia meridionale. La sua costruzione fu voluta nel 1306 dai nobili signori locali, i Sanseverino, ed appoggiata dai regnanti di Napoli, gli Angiò, che intendevano ricompensare i primi per l’aiuto prestato loro nella guerra contro gli spagnoli e vedevano con favore il radicarsi in zona di un ordine monastico francese, i certosini, appunto.

I lavori si protrassero però fino ai primi dell’800, e la certosa s’arricchì di molti stili differenti, che contribuiscono a conferirle quell’aspetto grandioso e suggestivo, ben esemplificato dal “cuore” del complesso, il meraviglioso chiostro grande, circa 15.000 mq. con due ordini di portici ed archi mirabilmente ornati da bassorilievi in pietra. Questo edificio fu concepito come monastero aperto a pellegrini e forestieri, così che la prima corte che s’incontra è quella dove i conversi effettuavano i negozi con l’esterno (vendite, acquisti, spaccio di erbe medicinali) e davano ospitalità ai bisognosi; attraverso un portale settecentesco s’accede poi ad un’area più segreta, quella dove i monaci s’incontravano per la messa, per i rari pasti in comune o per le riunioni. Infinite meraviglie attendono i visitatori di questo posto straordinario, con la pianta a forma di graticola per ricordare il martirio di San Lorenzo, al quale la certosa è dedicata, ed una stupefacente facciata barocca (1718); con portici, logge, fontane e chiostri d’ogni tipo, tutti ornati da affreschi, bassorilievi, statue, stucchi e legni intarsiati, come ad esempio i due preziosissimi cori cinquecenteschi della chiesa; con, infine, un Museo Archeologico che custodisce gli interessanti reperti provenienti dagli scavi nel Vallo di Diano e da una necropoli di Padula.

Ma il Cilento è anche mare e città costiere dalla storia antica e illustre, come Paestum, fondata intorno al 600 a.C. da coloni greci con una spiccata vocazione agricola, che vi lasciarono tre magnifici templi dorici, simbolo dell’immortalità ellenica. La Basilica in onore di Hera (VI sec. a.C.), il tempio di Nettuno (V sec. a.C.) e quello dedicato ad Atena sono esempi d’una sintesi originale fra potenza ed eleganza, fra l’opera umana e l’ambiente in cui s’inserisce, sono prove tangibili d’una antica armonia che va preservata e presa d’esempio. Ad arricchire ulteriormente il complesso archeologico di Paestum vi sono poi il Foro, alcune botteghe, i resti delle Terme, il cosiddetto Tempio Italico e l’Anfiteatro, entrambi di fattura romana e il meraviglioso Museo. E’ uno spettacolo irripetibile, fatto della maestosità delle colonne doriche che si stagliano imponenti su un cielo azzurro terso e su di un mare indimenticabile, “ufficialmente scoperto” fra il 1750 e il 1758 dall’architetto francese Jacques Soufflot e dall’archeologo tedesco Winckelman. I due grandi nomi dell’arte settecentesca contribuirono a diffonderne la fama fra i loro contemporanei, il cui gusto per la natura e la razionalità non poteva non sposare la possenza e semplicità di questi templi solitari nella pianura, la cui fortuna fu rapida ed eclatante, come dimostra l’inserimento di Paestum nel circuito dei Grand Tour culturali compiuti da giovani studenti, rampolli di nobili famiglie e intellettuali.

Velia, invece, fu fondata nel 540 a.C. da abitanti di Focea, in Asia Minore, messi in fuga dai Persiani e basò la propria economia su traffici e commerci, particolarmente legati al rifornimento di legname per la costruzione di navi. Fu poi resa illustre da un’importante scuola medica e dalla scuola filosofica all’interno della quale operarono Parmenide e Zenone, ma deve il proprio inserimento fra i patrimoni UNESCO a quel panorama che è un’apoteosi di mare limpido e vegetazione rigogliosa, all’interno del quale s’apre la suggestiva via lastricata che conduce alla stupenda Porta Rosa, un unicum di architettura greca per la sua volta a tutto sesto. Poco oltre si trovano l’Acropoli con i resti di due templi, il pregevole muro del recinto sacro con lo stoà, due impianti termali, alcune case-insulae ed un Museo immerso fra gli ulivi, contenente i reperti trovati nel corso degli scavi.

 

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